Per chi avesse la voglia e la pazienza di leggerla, questa è la relazione introduttiva che ho tenuto all'Assemblea della Circoscrizione estero del 10 maggio scorso.
Carissimi,
grazie a tutti per essere qui
nonostante i tempi stretti della convocazione di questa Assemblea.
La preparazione di questa assise nazionale,
infatti, arriva in un momento difficile, di grande difficoltà e disorientamento
del Partito. E arriva con un carattere di urgenza allarmante.
Quindi ringrazio per lo sforzo
organizzativo di cui si è fatto carico, come sempre, il mio Ufficio.
Ringrazio anche Beatrice, Paolo e
Monica, che hanno lavorato all’odg e che presiederanno i lavori.
Ci troviamo probabilmente nel
momento più difficile della vita del nostro Partito, decisivo per il suo futuro.
E questa volta lo dico in termini non solo di tenuta elettorale, ma di
sopravvivenza politica.
Un momento storico drammatico,
nel quale dalla crisi economica mondiale, istituzionale italiana, identitaria e
organizzativa del PD e della Sinistra, possiamo uscire solo dicendoci
chiaramente cosa deve essere il PD, a quale base di riferimento vuole guardare,
per costruire quale tipo di società, con quale collocazione internazionale e
con che struttura organizzativa, con quale idea di partito.
Per questo motivo, domani
l’Assemblea nazionale dovrà eleggere il Segretario che traghetterà il Partito
fino al prossimo congresso.
Congresso che dovrà svolgersi in
tempi brevi: entro ottobre probabilmente.
Si dovranno poi riconvocare la
Direzione nazionale e una prossima Assemblea per capire se e come si dovrà
modificare lo Statuto.
Questi passaggi chiaramente riguarderanno
anche noi e avranno sulla Circoscrizione estero una immediata ricaduta politica
e organizzativa.
Anche noi dovremo tenere i
congressi in tutti i nostri circoli, dire con chiarezza che tipo di partito
vogliamo e a che tipo di società vogliamo guardare. In quale contesto
internazionale vogliamo collocarci.
Una discussione di carattere
nazionale che dovrà passare attraverso il rinnovo dei gruppi dirigenti nazionali
e locali, dai circoli alle segreterie di Paese e attraverso il completamento
dei passaggi formali a cui siamo chiamati.
Abbiamo assistito negli ultimi
due mesi a collasso della vecchia classe dirigente del Partito. A cui si
aggiunge, a mio parere, il palesamento di quella che Pasolini chiamava
“mutazione antropologica” di una comunità: quella dei rappresentanti del nostro
Partito insieme a quella del nostro elettorato e della società in generale.
In questa mutazione, mi pare ci
sia la perdita di quel “sentimento di comunità” del quale spesso ho parlato
anche in questa assemblea, nei circoli in giro per il mondo e nel seminario del
5 maggio 2011.
Quel sentimento secondo il quale
si sacrifica il punto di vista personale per un’idea collettiva che diventa
azione concreta.
Sentimento che allontana e
distrugge ogni forma narcisistica in cambio della forza appagante di
condividere qualcosa coi compagni di lotta.
Quel sentimento, quindi, che ci
fa sentire tutti parte di grande una comunità ideale: prima della comunità
italiana, poi della comunità di Sinistra e poi della comunità del PD.
Più volte ci siamo detti che
c’era il rischio reale che chi era chiamato a rappresentarci, finisse per
anteporre le proprie visioni e le proprie istanze a quelle della comunità più
ampia.
Così come i nostri elettori, che
pure pretendevano spesso di voler vedere anteposte le proprie istanze di parte
rispetto a quelle del Partito e del Paese.
Mi pare che, senza voler
giudicare chi ha fatto bene o male, chi avesse ragione o torto, questo sia
successo in questi mesi (ma probabilmente anni) nel nostro popolo e nel nostro
Partito.
E mi pare che l’esito sia stato
il collasso a cui accennavo.
Ne vorrei discutere qui, su
diversi piani, ma dopo aver fatto una premessa.
In democrazia non ci sono molti
modi per tenere insieme una comunità, una associazione di
persone libere o un
partito.
E questi modi, questi modelli
sono noti:
1)
vi è il modello dei partiti “padronali” (o se volete
chiamateli dei leader forti), come il PDL, nel quale vi è solo Berlusconi che
“comanda”. E tutto il resto è contorno e consenso al capo;
2)
vi sono i modelli movimentisti e populisti, tipo la
Lega di Bossi, l’IDV di Di Pietro e oggi il Movimento 5 stelle di Grillo e per
qualche verso il MAIE di Merlo;
3)
e vi sono i modelli
popolari e di rappresentanza
democratica, tipo il PD.
Nei primi due modelli vi è una
persona sola al comando intorno alla quale si costruisce una comunità che segue
e che ha scarso potere decisionale e addirittura di discussione o stimolo. Uno
va e gli altri seguono, altrimenti “si è fuori”.
Nel terzo modello, il nostro, vi
sono molte persone che discutono e decidono, dai circoli al vertice. Lo fanno
attraverso luoghi virtuali, altri fisici, consolidati e formali, attraverso
metodi democratici e organismi ampi o ristretti, sia in linea orizzontale che
verticale.
Ma lo fanno a tutti i livelli
attraverso il
principio democratico della decisione a maggioranza, che è
l’unico che può funzionare, nel nostro ambito culturale e politico, come
l’alternativa possibile alla mancanza di sintesi comune e in alternativa al
metodo del “seguire l’ordine del il capo”.
Dunque non si tratta solo di un
“vincolo regolamentare”, ma di un “principio etico”.
Walter
Tocci direbbe un “atto
spirituale”.
Questo principio era fondativo
del Partito Democratico come della coalizione “Italia. Bene comune”. E questo principio
è saltato sia nel Partito che nella coalizione negli ultimi due mesi.
E insieme al principio sono
saltati il Partito e la coalizione.
Dunque: attraverso una “mutazione
antropologica” del popolo e della dirigenza della Sinistra (ma vale per tutta l’Italia)
è venuto meno il senso di appartenenza a una comunità, l’etica politica di chi
ha responsabilità di rappresentanza generale e “il” principio democratico per
eccellenza.
Dunque è venuta meno la nostra
capacità di stare insieme da uomini liberi.
Ecco perché dico che il momento è
drammatico.
In questa situazione, la Sinistra
e il PD, che pure è il primo partito in Italia con circa 400 parlamentari (una
condizione di forza mai registrata nel nostro Paese), si trova paradossalmente
nella situazione di massima debolezza culturale nell’influenzare vita,
carattere nazionale, politica e assetti sociali.
Quando era minoritaria, accadeva
il contrario, poiché aveva una tale capacità culturale che era in grado di
influenzare le classi dominati e la cultura nazionale.
Oggi, invece, a causa delle nostre
debolezze, quella capacità di influenza ce l’ha la destra berlusconiana, che fa
emergere nel Paese, tutto il Paese (anche quello di Sinistra), l’Italia
peggiore, favorendo e accentuando quella mutazione antropologica di cui
parlavo.
Quindi, oggi serve che il PD torni
a un’etica, una cultura e a una visione chiara del Partito e della società.
Serve che dica forte e chiaro cosa vuole essere, che modello di società vuole
disegnare, con chi vuol farlo a livello internazionale e con quale strumento
partito.
Questo era anche l’obiettivo di cui
si è discusso nel congresso del 2009.
Ma che non si è riuscito a fare
negli anni successivi, sempre travolti da
emergenze o scadenze elettorali
immediate.
Cosa che ha finito per sancire un
patto federativo tra le diverse anime culturali del partito, degenerato anche
in patti correntizi.
E questo ha portato a una unità
formale fatta di non belligeranza e a una scarsa capacità di attrazione
nell’elettorato, che in parte si è rivolto a
Grillo per sottolineare la
richiesta di cambiamento.
E soprattutto di cambiamenti anche
radicali, dei quali spesso il nostro PD ha avuto paura attestandosi su
posizioni troppo sbiadite, tanto argomentate da sembrare fuorvianti, convinto
che i nostri elettori fossero spaventati da scelte nette e divisive.
Io credo non sia vero. Quindi da
qui occorre ripartire per ricostruire il senso di comunità e tornare in
sintonia con nostro popolo.
È infatti vero che il
popolo, come
il nostro partito, è plurale. Ma l’unità del popolo e del partito la si ottiene
quando la politica si dà una linea, anche di frattura, ma dalla quale poi parte
per ricomporre le differenze sociali e culturali.
Ma questi sono temi che dovremo
trattare, questa volta fino in fondo e con il massimo della chiarezza, al
congresso.
E dunque da qui dobbiamo prepararci
ai temi e all’organizzazione formale dei congressi nei circoli all’estero.
I
delegati, tutti voi delegati,
dovete cominciare ad avviare questo lavoro nei vostri territori.
Mentre qui, oggi, penso dovremo
discutere sulla necessità di individuare alcune questioni prioritarie da
portare nell’agenda politica parlamentare.
A cominciare dai temi
istituzionali:
a) delega
governativa per gli italiani nel mondo;
b) mantenimento
e ruolo della Circoscrizione estero nell’ambito della riforma costituzionale;
c) riforma
del sistema di voto.
E temi politici: IMU, servizi verso
i connazionali, lingua e cultura.
Dobbiamo farlo sulla base del
programma con il quale ci siamo presentati agli elettori a febbraio e,
soprattutto, tenendo presente l’anomalo governo che ci troviamo a sostenere e
le risorse a disposizione.
Senza sottovalutare anche il cambio
degli stessi interlocutori all’interno del PD: domani cambia il Segretario e
l’intera Segreteria. E non è cosa irrilevante.
Per cui io propongo di concentrarci
su pochissime cose fattibili sia istituzionalmente che politicamente e proporle
al voto della nostra assemblea, ragionando sull’opportunità di farle assumere
all’assemblea nazionale sulla base della discussione che si farà domani.
Non escluderei, infatti, che in
quella assise ci si concentrerà solo sulle questioni attinenti alla vita
interna e alle prospettive del partito. Ma vedremo domani.
Vista la peculiarità di questa
assise, l’incertezza nel programmare i passaggi futuri, i tempi e il calendario
dei lavori nazionali, mi fermo qui, senza relazionare su altre questioni (pure
importanti), rispetto alle quali lascio l’Assemblea libera di discuterne
riservandomi, eventualmente, di tornarvi nelle conclusioni.
Grazie e buon lavoro.