Oggi è uscito sul quotidiano statunitense America oggi questo mio articolo. Buona lettura.
Nelle ultime settimane si è alzato un po’ il volume a Saxa Rubra. Da parte mia, che ho seguito da diverse postazioni, politiche e istituzionali, la vita di Rai International – oggi Rai Italia – vorrei dare conto di quello che ho visto nel comparto dell’azienda televisiva dello Stato a cui sono più affezionato.
Dico subito che il quadro non mi pare lusinghiero. Come l’ultimo atto dell’attuale direzione mi conferma, con la redazione che ha prima respinto a grande maggioranza l’ultimo piano di riorganizzazione e poi votato la sfiducia al suo direttore. Non voglio, né debbo, entrare nel merito del contenzioso fra redazione e direttore.
Devo però, mio malgrado, constatare che a poco più di 18 mesi dal suo insediamento, l’attuale direzione rischia di ritrovarsi in una situazione di stallo simile a quelle precedenti, nonostante al suo arrivo, Badaloni, avesse trovato una redazione compatta e motivata dalla prospettiva di lavorare con un bravo e affermato professionista quale lui è. Un entusiasmo che era cresciuto con la firma di una nuova e avanzata Convenzione tra Rai e Presidenza del Consiglio, che prevedeva l’introduzione di discreti strumenti di verifica e controllo, come il Comitato di controllo su Rai International che, se riuscisse a risolvere i conflitti di competenze (a mio avviso non dovrebbe far parte di una commissione di controllo anche il controllato), potrebbe essere un utile banco di verifica dei risultati e uno stimolo alla direzione e redazione tutta.
Nell’applicazione del dettato della Convenzione si erano visti, in una prima fase, piccoli passi in avanti che avevano fatto ben sperare per il futuro: una maggiore pluralità dell’informazione, con la messa in onda all’estero di diversi programmi di approfondimento giornalistico insieme a programmi di buon successo quali “Parla con me” e “Che tempo che fa”.
Come pure è stata senz’altro una scelta felice quella di diversificare i palinsesti: uno per le Americhe, uno per l’Africa e l’Asia e uno per l’Europa e l’Italia, seppure vi sia ancora molto da lavorare nella direzione di altri sdoppiamenti di questi stessi palinsesti. Persino la qualità del segnale era migliorata.
Questi risultati sono stati apprezzati anche dagli italiani all’estero, che vi hanno riscontrato i piccoli germi di un cambiamento di rotta e una speranza per il futuro di Rai Italia. Un sentimento registrato nell’annuale rapporto del MAE che riportava i timidi segnali di un leggero apprezzamento che alimentava crescenti aspettative.
Invece là ci si è fermati, riaprendo la strada a un nuovo e diffuso disagio tra gli utenti all’estero (italiani e non) e nella redazione. Per questo oggi, alla vigilia di una quasi certa invasione politica da parte della maggioranza di Governo, è necessario capire le ragioni più profonde di questo disagio, che costringe il canale internazionale del servizio pubblico in un continuo stato di sofferenza. Lo dobbiamo fare per non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca, consentendo ai limiti del passato di travolgere la mission di Rai Italia.
Ormai, la crisi dell’Alitalia ce lo conferma, la grande competizione globale fra i brand territoriali, si gioca proprio sul terreno della capacità di proporre e sviluppare un’immagine, un’idea del sistema paese. Rai Italia deve essere uno strumento vitale di questa strategia, come impone la Convenzione. Ne ha tutte le premesse e le potenzialità. Invece, proprio su questo snodo decisivo si è avvitata la crisi dell’ultima gestione del canale, che ha portato alla sfiducia di martedì scorso. Forse può essere utile ricordare alcuni dati sintomatici di uno stallo e di una distanza perniciosa dalle indicazioni dettate dalla Convenzione:
- news: dal gennaio 2007 al gennaio 2008 il palinsesto di Rai Italia si è ridotto passando dall’11,5% al 6,75%. Si è dimezzata l’offerta di informazioni per la comunità italiana all’estero, sostituita con commenti e approfondimenti generalisti che non hanno rafforzato l’appeal del canale verso il suo attuale target di riferimento, né gli hanno consentito di conquistarne uno nuovo.
- Comunicazione sociale e lavoro: anche qui si registra un dimezzamento dell’offerta: dal 6% del gennaio 2007 al 3% del gennaio 2008.
- Turismo e qualità del territorio: questo è un punto strategico, passato però dal 2,3% del palinsesto complessivo all’1,4% di oggi.
- Intrattenimento e cinema: mentre sono notevolmente aumentate le repliche, come abbiamo constatato nell’ultimo trimestre, vediamo che persino lo sport è calato del 5% e l’offerta per minori, nevralgica per rinnovare la nostra platea di riferimento e rafforzare il legame con le nuove generazioni di italiani nati all’estero, è passata dal già insufficiente 3,85% a uno striminzito 1,85%.
Il dato preoccupante è che nei mesi successivi al gennaio 2008 (per i quali, tuttavia, non sono disponibili dati di dettaglio) i trend non sono affatto migliorati, anzi sembrano peggiorare. Abbiamo infatti visto scomparire in queste settimane trasmissioni che interpretavano al meglio la mission di marketing territoriale, come “ItaliaCampus” e, soprattutto, programmi che segnavano un’innovazione sia nel linguaggio che nella capacità di rappresentare il sistema paese, come “ItaliaCult”, il magazine che segnava un originale modello produttivo, con il coinvolgimento diretto degli Istituti di cultura italiana all’estero e della stessa Farnesina, dalla quale si trasmetteva e che, insieme agli istituti stessi, aveva manifestato apprezzamento per il lavoro fatto, come ho avuto modo di constatare direttamente nel mio ruolo di rappresentante del MAE nel Comitato di controllo su Rai International.
Ma siccome l’obiettivo più importante è quello di guardare al futuro, riconoscendo e prendendo atto dei limiti che hanno segnato il percorso fin qui svolto, vorrei provare a individuare almeno un punto di partenza condiviso da cui muovere, ciascuno nel proprio ruolo.
Rai Italia deve essere competitiva con la nuova realtà della comunicazione internazionale. Deve saper raggiungere i diversi target: quello dell’emigrazione tradizionale con quello delle nuove migrazioni italiane e degli stranieri a vario titolo interessati all’Italia e alla sua cultura. Essere capace di intrecciare contenitori e contenuti: adottando linguaggi innovativi, mutuati dalle nuove soluzioni multimediali, per dare il senso della realtà del sistema Italia.
Nessuno – e sottolineo nessuno – può pensare di tornare al passato, realizzando un prodotto consolatorio e nostalgico. Le competenze e le potenzialità innovative sono già nella redazione: occorre saperle gestire e valorizzare al massimo. Solo così delusione degli utenti, insieme a scricchiolii, malumori e rumore di queste settimane, potranno diventare utile tifo e incoraggiamento per Rai Italia.
venerdì 26 settembre 2008
lunedì 22 settembre 2008
Colonia: Zacchera - Pro-Koln, le relazioni pericolose
Questo sabato ero a Colonia, insieme a Laura Garavini, Rosella Benati, Giuseppe Bartolotta e altri compagni e amici della Germania, per partecipare alla manifestazione contro il raduno europeo neonazista "Pro-Koln".
Pro-Koln aveva organizzato un congresso anti-islam, da tenere nella tollerante città tedesca che ha deciso di costruire la più grande moschea della Germania. Aveva aderito al congresso la creme del nazionalpopulismo europeo: dal francese Jean Marie Le Pen ai fiamminghi del Vlaams Belang, al nostro "soldatino" padano, come lui stesso si è definito, Mario Borghezio.
Contro questo evento si sono mobilitati i tradizionali partiti e sindacati tedeschi, insieme al sindaco di Colonia, Fritz Schramma (CDU), per organizzare le grandi controdimostrazioni di sabato. E con loro ho voluto essere in piazza anch'io.
Devo dire che la città ha reagito come meglio non si potrebbe alla provocazione neonazista, cioè ribellandosi civilmente: gli hotel hanno rifiutato alloggio ai sostenitori Pro-Koln, tassisti e autobus privati non li hanno portati da nessuna parte, ristorantori e baristi gli hanno rifiutato i viveri. In queste condizioni solo pochissimi sono riusciti a raggiungere Colonia e quei pochi hanno dovuto rinunciare a manifestare perché, all'ultimo momento la manifestazione è stata annullata.
In piazza non c'era traccia nemmeno dei militanti mantovani della Lega Nord né di "Padania cristiana" annunciati da Borghezio. Una fortuna, poiché la sola, rumorosa, presenza di Borghezio, insieme a quella "tecnica" della rappresentante tedesca del PDL, Luciana Martena, aveva già cominciato ad alimentare qualche sentimento anti-italiano.
Eppure, un autorevole dirigente tedesco di Pro-Koln "in contatto con Marco Zacchera", un certo Hans Breninek, aveva portato nella piazza dei nazional-populisti una bandiera italiana. Perché? Chi glielo ha chiesto di farsi interprete degli italiani fino al punto di sventolare una bandiera che non gli appartiene? Zacchera ne era a conoscenza? Che tipo di rapporti ha con il signor Breninek e con Pro-Koln?
Sono domande per le quali mi piacerebbe avere delle risposte da un dirigente di AN che pure stimo. Le sue risposte sarebbero anche un segnale di rispetto per quegli italiani di varia estrazione politica spontaneamente costituitisi in "Comitato italiano contro ogni discriminazione" e che sabato hanno partecipato alla manifestazione della Chiesa e dei sindacati per dire, con il proprio striscione, che gli italiani di Germania sono "per il dialogo religioso e la comprensione tra i popoli".
Sono loro, dunque, che con la bandiera italiana in mano nell'altra piazza, quella vicino al Duomo, hanno tenuto alto il buon nome dell'Italia e mostrato la vera faccia delgli italiani in Germania. A questi connazionali nella democratica e civile Colonia non può rimanere il dubbio che il Responsabile esteri di AN (o PDL) intrattenga relazioni sottobanco con esponenti neonazisti, così come non può rimanere a noi in Italia.
Mi pare che troppi elementi si tengano per non fare chiarezza: la Martena nominata in Germania da Zacchera che doveva partecipare alla manifestazione; un dirigente di Pro-Koln che porta una bandiera italiana e che mostra orgoglioso il biglietto da visita di Zacchera che tiene nel portamonete, come suo "contatto politico in Italia". Tutto ciò non aiuta gli italiani in Germania.
Per quanto ci riguarda, invece, durante la manifestazione antirazzista nella Roncalliplatz, abbiamo incontrato il sindaco Fritz Schramma, al quale abbiamo ribadito che come Partito Democratico, insieme ai nostri militanti in Germania, eravamo al suo fianco per il rifiuto della xenofobia e del razzismo e per l'identità multiculturale. Schramma ci ha dunque abbracciati e si è voluto far fotografare con la bandiera del PD.
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