lunedì 11 gennaio 2010

Le Anime salve di Rosarno

Le prime pagine dei giornali di oggi sono dedicate alla vicenda degli immigrati di Rosarno, nella mia Calabria, la terra che ho dovuto lasciare a 18 anni. I miei primi diciotto anni, poiché i secondi 18 li ho vissuti a Roma.
Ho lasciato quella terra per studiare, fare un master e lavorare: da quelle parti trovare lavoro era "un'impresa no profit"... In tutti i sensi: anche volendo lavorare davvero, duramente, in quei campi nei quali si raccolgono dall'alba i pomodori; in quegli agrumeti dove maturano squisite arance, mandarini e limoni; in quelle distese nelle quali abbonda il grano: "...te via avire tantu 're lu granu/ quantu ne coglia Cutru e la Marina..." recita un passo della strenna natalizia del mio paese.
E pure trovandolo, questo tipo di lavoro, ci si spezza la schiena e si porta a case una miseria con la quale difficilmente si campa una famiglia. Questi lavori oggi li fanno, in nero o no, gli immigrati. Quegli stessi immigrati che puliscono le case della mia regione, che assistono anziani e/o malati. Anche dei mie nonni paterni si prende cura una carissima persona immigrata, che per la nostra stampa e per il nostro ministero degli Interni fa alzare la media dei reati. Ma mio nonno non riesce a capire dov'è che delinque... Eppure, questa mia terra (non solo la Calabria, ma l'intera Italia), oggi ha più calabresi in giro per il mondo che in punta allo Stivale. Non tutti distintisi positivamente (vogliamo parlare dei fatti di Duisburg?). Ma su questo, ha scritto molto bene Gian Antonio Stella anche sul Corriere di oggi.

Ricordando che gli immigrati di Rosarno di questi giorni sono stati gli emigrati italiani di ieri nel Nord America e in Europa. Trasformando, poi, il particolare in universale e avvicinando le condizioni disumane degli immigrati di Rosarno (e degli emigrati nostri di ieri) a quelle dei prigionieri dei lager descritte da Primo Levi, anche Adriano Sofri, con la sua splendida poesia, ci costringe a una riflessione umana e politica più profonda e staccata dalla cronaca delle news. Insomma, leggendo queste e altre riflessioni, mi viene da pensare che il nostro antico e glorioso Paese, culla di diritto e civiltà, di cristianesimo e cultura, di emigrazione e integrazione (ahimè anche di criminalità organizzata, di cui la 'ndrangheta oggi detiene il primato mondiale - leggi Francesco Forgione, 'Ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo, Baldini Castoldi Dalai, 2008), oggi rischia di perdere sia la sua umanità più profonda (la sua pietas), che il suo storico spirito democratico, il suo alto magistero culturale.

Oggi, quindi, che ricade anche l'anniversario della morte di Fabrizio De Andrè, insieme alla poesia di Sofri riascolterò Anime salve, il brano in cui De Andrè intende "salve" non solo nel senso cristiano del termine (coloro che dopo aver sofferto in vita si salvano dopo la morte andando in Paradiso), ma anche in senso etimologico, di "solitarie".
Perché gli immigrati di Rosarno, come i nostri vecchi emigrati discriminati, sono dei "soli". Non romiti, bensì disperati costretti alla solitudine, in ascolto del proprio spirito e della propria condizione, costretti a riflettere sul passato, sui "passaggi di tempo".
Anime che ricercano dentro se stesse, con lo sguardo nel passato e la mente rivolta al futuro: così, almeno, dovremmo ragionare tutti su questa vicenda; così il nostro Paese, così il nostro Governo: "...mi sono guardato piangere in uno specchio di neve,/ mi sono visto che ridevo.../ Ti saluto dai paesi di domani,/ che sono visioni di anime contadine...".

Ma ecco il testo e la musica di De Andrè:

Anime salve
Mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che bello il mio tempo che bella compagnia

sono giorni di finestre adornate
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde

senza atti d'amore
senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo

ore infinite come costellazioni e onde
spietate come gli occhi della memoria
altra memoria e non basta ancora
cose svanite facce e poi il futuro

i futuri incontri di belle amanti scellerate
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni

per mille anni mille anni al mondo
mille ancora che bell'inganno sei anima mia
e che grande il mio tempo
che bella compagnia

mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo

mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo

mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande questo tempo
che solitudine
che bella compagnia

Per ascoltare il brano cantato da De Andrè clicca qui o sull'immagine del post precedente.

Le Anime salve di Rosarno

Anime salve

Mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che bello il mio tempo che bella compagnia

sono giorni di finestre adornate
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore

senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo

ore infinite come costellazioni e onde
spietate come gli occhi della memoria
altra memoria e non basta ancora
cose svanite facce e poi il futuro

i futuri incontri di belle amanti scellerate
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni

mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande il mio tempo che bella compagnia

mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo

ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo

mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande questo tempo che solitudine
che bella compagnia