Di De André ho già scritto e tutti sanno tutto.
Di Tenco scriverò e molti sanno molto.
Di Ciampi scrivo ora, perché mi piace moltissimo, era un grande artista sregolato ed è morto semisconosciuto.
Posso dire di aver condiviso con lui l'aver fatto il CAR a Pesaro e aver frequentato alcune zone della città, seppure in tempi molto distanti e diversi.
Ciampi era uno di quegli artisti geniali, estrosi, diretti e spesso litigiosi: sono memorabili le serate passate a divertirsi con Carmelo Bene e poi finite a pugni. In questo mondo lui si "sentiva uno straniero", per dirla con Tenco e per questo aveva deciso di programmare la sua morte, da procurarsi con il vino, che beveva volentieri e a fiumi (Non Dio decido io, si intitola la canzone con la quale spiega di voler essere l'artefice della sua morte).
Sono molte le canzoni che vorrei citare o ascoltare oggi. Se devo selezionarne una, però, in questo luogo scelgo quella nella quale riflette sull'emigrazione. Lui, che era stato a suo modo emigrato a Parigi, dove tutti lo chiamavano "Piero Litalianò" (senza apostrofo e con l'accento finale).
La canzone è Lungo treno del Sud
Tinge un prato di nero
e nascondel'orizzonte
e le rocce del mare,
poi scompare
come il tempo nei sognie
tra i fiori m'abbandona quaggiù...
Lungo treno del Sud
che a mezzogiorno
passi accanto al mio campo
distruggendo il silenzio.
Lungo treno del Sud,
dove hai portato
quella dolce fanciulla
che tanto amai?
Ti prego
quando tu la vedrai
dille che l'aspetto quaggiù...
Lungo treno del Su
dal tuo passare
sento i fiori ed il mare
dire al mio cuore
"piangi chi mai più rivedrai"
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