Ho letto e condiviso in pieno quanto dichiarato da Marco Fedi circa l'esordio del Governo Berlusconi, negativo e per nulla confortante su ciò che verrà. Marco mette giustamente in evidenza come solo due anni fa, all'indomani del voto, Prodi convocò nel suo ufficio a Santi Apostoli noi responsabili politici del Coordinamento nazionale de L'Unione insieme ai parlamentari eletti all'estero per discutere insieme quale poteva essere la scelta migliore per gli italiani nel mondo: un Ministro, un Vice ministro o un Sottosegretario.
Ricordo che intervennero quasi tutti i presenti alla riunione e che quasi tutti indicammo quella che poi fu la scelta dell'allora Presidente del Consiglio: un Vice ministro.
Nella stessa riunione e nei singoli interventi dei presenti, furono evidenziate quelle che ritenevamo le priorità della futura azione di Governo a cui Prodi in seguito si ispirò.
Marco sottolinea giustamente com'è ormai molto difficile che vi possa essere un Sottosegretario o un Vice ministro che si occupi esclusivamente degli italiani nel mondo e come, probabilmente, ve ne sarà uno con più deleghe. In questo caso, naturalmente, le questioni degli italiani all'estero saranno erroneamente considerate sempre di minore importanza e scarsa rilevanza politica: un vero peccato.
A dare manforte alle previsioni e preoccupazioni di Marco Fedi, c'è anche il condivisibile editoriale di Luigi Todini, su l'Italiano di oggi.
Todini descrive una situazione politica sconfortante, sia a livello nazionale che per le singole questioni che ci riguardano. Ci dice che il Ministero non è stato istituito perché lo avrebbe preteso Tremaglia, inviso al Cavaliere. Ma se un ministero serve lo si istituisce, indipendentemente da chi dovrà essere poi il ministro. Se poi Tremaglia non va bene si poteva pensare ad altri. Le simpatie o antipatie personali non possono pregiudicare i destini di milioni di persone.
Nemmeno il Vice ministro sarebbe stato possibile perché in questo caso sarebbero stati troppi i pretendenti.
L'unico nome possibile per questa competenza, secondo Todini, ma anche secondo il sottoscritto, poteva essere Marco Zacchera, che sicuramente meglio della Contini conosce le comunità italiane all'estero e meglio di altri del centrodestra ha operato nel corso di questi ultimi anni. Ma Zacchera, sempre secondo Todini, è fuori gioco a causa della logica spartitoria del bilancino: tre sottosegretari; uno per ogni componente, compresa AN, che punta su Mantica alla cooperazione. Dunque gli italiani all'estero vengono sacrificati alla logica spartitoria dei partiti e delle componenti e rilegati a una delle tante competenze di un altro sottosegretario che conosce sicuramente meno di Zacchera questo settore.
Ma non era il centrodestra, AN in testa, che all'indomani della nascita del Governo Prodi ci accusava di non aver istituito il ministero per gli italiani nel mondo?
E non era sempre il centrodestra a strillare che quella era una mancanza di attenzione verso gli italiani nel mondo?
E non erano sempre loro, ancora qualche giorno fa, a scrivere e dichiarare che avrebbero ripristinato il ministero?
Sarebbe interessante oggi conoscere l'opinione di coloro che solo due anni fa parlavano di dicastero necessario e oggi si vedono accorpare la delega per gli italiani nel mondo alle tante di qualche sottosegretario. Sarebbe interessante per capire se, secondo loro, questo dicastero è utile davvero. Se un Vice ministro con un'unica delega è più utile di un Ministro senza portafoglio o di un sottosegretario con più deleghe.
Sarebbe bello che chi allora strillava contro L'Unione oggi ci dicesse se Berlusconi e il suo Governo riservano meno attenzione agli italiani all'estero di Prodi oppure no, come scrivevo già qualche giorno fa su questo blog.
E sarebbe anche interessante sapere se la scelta di Berlusconi è stata discussa con gli eletti all'estero e se questi la condividono.
Ma la risposta, in realtà, ce la fa intuire lo stesso Todini, quando scrive che è stato fatto "un notevole passo indietro per il mondo dell'emigrazione, che ci lascia con l'amaro in bocca ed è difficile, se non impossibile, giustificare". Un passo indietro che indica come "si stanno addensando nuvole nere e minacciose" per gli italiani all'estero e il loro voto.
Ma noi siamo ingenui e speriamo sempre in possibili ripensamenti dell'ultima ora. Per il resto, come scrive Marco Fedi, "attendiamo di capire se nelle linee programmatiche, almeno, vi saranno aspetti condivisibili" tali da giustificare un nostro appoggio e lavoro comune sulle materie e i provvedimenti utili per gli italiani all'estero.
venerdì 9 maggio 2008
giovedì 8 maggio 2008
Ugo da Viterbo, martire e santo
Scusate il ritardo, ma solo oggi, da rivelazione fattami da un’anima pia, ho appreso del nuovo miracolo riuscito a Ugo da Viterbo, per il quale già da tempo sono attivi i comitati per la raccolta firme per “Ugo santo subito”.
Ugo da Viterbo, già tesoriere dei DS (Cavaliere senza macchia eppur martire dei moralisti dalla pancia piena), esercitò il suo mandato negli aa.dd. 2001-2007 D.C., fino allo scioglimento dell’ordine. Di spirito umile, Ugo compì diversi miracoli legati all’acqua.
Il primo, quello dell’”Acqua alla gola”, riguarda il debito dei DS, che Egli ereditò nel 2001 e che sanò nel corso del suo mandato, trasformando montagne di un materiale putrido e maleodorante, che egli solo attirava a se dai giornalisti e dai moralisti dalla pancia piena, in risorse per i partiti e la democrazia (che su di essi si basa) e di cui godevano ampiamente anche i moralisti.
Il secondo, quello dell’”acqua dei naufraghi”, riguarda la famosa e sfigata nave dei dipendenti DS, che egli, in gran quantità, salvò dal naufragio politico a cui quel partito andava incontro.
Il terzo, quello dell’”acqua di Viterbo”, riguarda l’affogamento di un neonato, il PD di Viterbo appunto, destinato, secondo i più autorevoli scienziati della politica, a non raggiungere nemmeno il ballottaggio. Ugo da Viterbo, invece, trasformò l’acqua in cui affondava il neonato, in quei voti che gli anno permesso una rimonta insperata e il raggiungimento dell’agognato ballottaggio, grazie al quale oggi vive l’entusiasmo dei piddini viterbesi, nonostante la definitiva sconfitta e il martirio del futuro santo.
Il quarto e più grande miracolo, seppur non legato all’acqua, Ugo da Viterbo lo ha fatto riuscendo a far cantare in pubblico, a un autorevole dirigente del PD, già comunista e già ministro, un’allusiva versione di “Una carezza in un pugno”, di Adriano Celentano.
Nonostante i miracoli compiuti già in vita, Ugo da Viterbo è stato ugualmente martirizzato sull’altare politico.
La Chiesa, a questo punto, non può più rimandare l’avvio del processo di santificazione.
Per guardare il video del miracolo clicca qui.
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite è puramente casuale. O voluto?
Ugo da Viterbo, già tesoriere dei DS (Cavaliere senza macchia eppur martire dei moralisti dalla pancia piena), esercitò il suo mandato negli aa.dd. 2001-2007 D.C., fino allo scioglimento dell’ordine. Di spirito umile, Ugo compì diversi miracoli legati all’acqua.
Il primo, quello dell’”Acqua alla gola”, riguarda il debito dei DS, che Egli ereditò nel 2001 e che sanò nel corso del suo mandato, trasformando montagne di un materiale putrido e maleodorante, che egli solo attirava a se dai giornalisti e dai moralisti dalla pancia piena, in risorse per i partiti e la democrazia (che su di essi si basa) e di cui godevano ampiamente anche i moralisti.
Il secondo, quello dell’”acqua dei naufraghi”, riguarda la famosa e sfigata nave dei dipendenti DS, che egli, in gran quantità, salvò dal naufragio politico a cui quel partito andava incontro.
Il terzo, quello dell’”acqua di Viterbo”, riguarda l’affogamento di un neonato, il PD di Viterbo appunto, destinato, secondo i più autorevoli scienziati della politica, a non raggiungere nemmeno il ballottaggio. Ugo da Viterbo, invece, trasformò l’acqua in cui affondava il neonato, in quei voti che gli anno permesso una rimonta insperata e il raggiungimento dell’agognato ballottaggio, grazie al quale oggi vive l’entusiasmo dei piddini viterbesi, nonostante la definitiva sconfitta e il martirio del futuro santo.
Il quarto e più grande miracolo, seppur non legato all’acqua, Ugo da Viterbo lo ha fatto riuscendo a far cantare in pubblico, a un autorevole dirigente del PD, già comunista e già ministro, un’allusiva versione di “Una carezza in un pugno”, di Adriano Celentano.
Nonostante i miracoli compiuti già in vita, Ugo da Viterbo è stato ugualmente martirizzato sull’altare politico.
La Chiesa, a questo punto, non può più rimandare l’avvio del processo di santificazione.
Per guardare il video del miracolo clicca qui.
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite è puramente casuale. O voluto?
mercoledì 7 maggio 2008
Dall'Unione alla solitudine completa? Guardare avanti e innovare
Finalmente trovo il tempo per tornare a scrivere. Il dopo voto mi ha travolto e ora avrei molte cosa da dire, ma ancora poco tempo.
Dopo poco meno di due anni è stato archiviato il II Governo Prodi. Un’esperienza che giudico tutto sommato positiva dal punto di vista dei risultati ottenuti soprattutto in campo economico, sociale e sul terreno dei diritti individuali. Con Prodi, poi, penso che gli italiani all’estero abbiano ottenuto il massimo dell’attenzione e dei risultati possibili. Vedremo se questo Governo vorrà e saprà fare meglio: personalmente sono convinto che l’attenzione calerà, così come si otterrà molto di meno.
A urne chiuse, ora, non azzardo un’analisi del voto, poiché non abbiamo ancora i dati per consolato. L’unica cosa certa è che all’estero non c’è stata la pesante sconfitta del PD registrata in Italia (vedi conferenza stampa). Noi, nel saldo totale degli eletti, abbiamo perso un solo parlamentare (due senatori in meno rispetto al 2006 e un deputato in più). Questo ci consente di dire che all’estero siamo ancora maggioranza in Parlamento (9 eletti PD-IDV, 7 eletti PDL-Lega, 2 indipendenti). Inoltre, oltre che in percentuale, in alcuni casi siamo cresciuti rispetto a L’Unione del 2006 in termini assoluti di voti. E ancora, nei paesi a maggiore emigrazione, siamo sempre il primo partito sia alla Camera che al Senato, anche con distacchi pesanti sul PDL. Fanno eccezione solo l’Argentina, dove però il voto sembrerebbe falsato da irregolarità sulle quali indaga la magistratura e, soprattutto, la Germania, dove il PDL ha ben 10 punti in più rispetto al PD: il risultato peggiore della Circoscrizione estero.
Resta dunque da vedere, ora, come questo voto è stato distribuito sul territorio e tra i candidati consolato per consolato.
Questi risultati, dunque, ci consegnano un PD tutto sommato forte, vitale e con grandi potenzialità di consolidamento e crescita. In questa direzione dobbiamo lavorare nei mesi a venire.
Le prossime tappe dovranno essere quelle della strutturazione dei circoli transitori del PD esistenti e della creazione di nuovi; la ripresa e l’accelerazione della discussione sullo Statuto del PD all’estero; la nuova fase di trasformazione, dopo l’approvazione dello statuto, dei circoli da transitori a effettivi in base alle regole stabilite dallo statuto e ai criteri scelti per la selezione dei gruppi dirigenti locali.
Queste fasi segneranno l’evoluzione di un partito grande, forte, strutturato e radicato sul territorio, nel quale dovrà esserci spazio di discussione e dialogo sia per i cittadini sostenitori (che si avvicinano sporadicamente alla vita politica e in particolari momenti di grande rilevanza) che per gli aderenti e militanti, cioè quelle migliaia di volontari che vogliono iscriversi, partecipare con costanza alla vita, al dibattito politico e alle decisioni quotidiane che un partito si trova a dover prendere. Lo stesso Veltroni, infatti, nella riunione con i segretari regionali, ha detto che dovremo fare “la campagna per il tesseramento” al PD.
Ma a queste fasi importanti per l’organizzazione e la strutturazione del partito, dovrà affiancarsi quella della discussione seria e approfondita sull’identità del partito, dalla quale si trarrà anche l’idea e il disegno che abbiamo come PD sulle riforme istituzionali, vero terreno di confronto in questa legislatura. Siamo o no, e quanto, presidenzialisti o semi-presidenzialisti? siamo e quanto federalisti? vogliamo o no il bicameralismo perfetto? gli eletti all’estero in quale Camera e in che quantità devono essere collocati? la nostra aspirazione maggioritaria deve spingerci verso l’autosufficienza o meno? vogliamo davvero evitare ogni confronto, ogni dialogo o alleanza sia con l’UDC che con la Sinistra radicale, cominciando con l’innalzamento della soglia di sbarramento anche alle europee?
A mio avviso quest’ultima tentazione è pericolosa, poiché autosufficienti non lo siamo, né politicamente né culturalmente, tant’è che abbiamo già fatto un partito nuovo che si basa proprio sull’unione di culture diverse. La nostra forza, quindi, non può stare nel passare dall'Unione alla solitudine completa, ma deve risiedere nel saper dare rappresentanza a larghe fasce di popolazione, a più identità culturali e politiche, ma senza pretendere di poterle rappresentare tutte o di costringere il sistema a tecnicismi pericolosi che sottrarrebbero rappresentanza a forze oggi politicamente democratiche e culturalmente vivaci, ma che poi si troverebbero costrette a ben altri e più pericolosi sbocchi. Non voglio dire, con questo, che dobbiamo tornare a L’Unione, ma che dobbiamo guardare avanti e saper continuare il rinnovamento disegnando un partito strutturato e con un’identità chiara e certa, seppure plurale e maggioritaria. E’ su questo che deve riprendere prima possibile, insieme all’analisi del voto, la discussione al nostro interno.
E anche per quanto riguarda il partito all’estero, questa discussione ci aiuterà sia in previsione delle prossime europee, che in vista delle elezioni per il rinnovo di Comites e CGIE, quando dovremo, per ragioni di forza, discutere con un universo molto più ampio e articolato del Partito Democratico.
Dopo poco meno di due anni è stato archiviato il II Governo Prodi. Un’esperienza che giudico tutto sommato positiva dal punto di vista dei risultati ottenuti soprattutto in campo economico, sociale e sul terreno dei diritti individuali. Con Prodi, poi, penso che gli italiani all’estero abbiano ottenuto il massimo dell’attenzione e dei risultati possibili. Vedremo se questo Governo vorrà e saprà fare meglio: personalmente sono convinto che l’attenzione calerà, così come si otterrà molto di meno.
A urne chiuse, ora, non azzardo un’analisi del voto, poiché non abbiamo ancora i dati per consolato. L’unica cosa certa è che all’estero non c’è stata la pesante sconfitta del PD registrata in Italia (vedi conferenza stampa). Noi, nel saldo totale degli eletti, abbiamo perso un solo parlamentare (due senatori in meno rispetto al 2006 e un deputato in più). Questo ci consente di dire che all’estero siamo ancora maggioranza in Parlamento (9 eletti PD-IDV, 7 eletti PDL-Lega, 2 indipendenti). Inoltre, oltre che in percentuale, in alcuni casi siamo cresciuti rispetto a L’Unione del 2006 in termini assoluti di voti. E ancora, nei paesi a maggiore emigrazione, siamo sempre il primo partito sia alla Camera che al Senato, anche con distacchi pesanti sul PDL. Fanno eccezione solo l’Argentina, dove però il voto sembrerebbe falsato da irregolarità sulle quali indaga la magistratura e, soprattutto, la Germania, dove il PDL ha ben 10 punti in più rispetto al PD: il risultato peggiore della Circoscrizione estero.
Resta dunque da vedere, ora, come questo voto è stato distribuito sul territorio e tra i candidati consolato per consolato.
Questi risultati, dunque, ci consegnano un PD tutto sommato forte, vitale e con grandi potenzialità di consolidamento e crescita. In questa direzione dobbiamo lavorare nei mesi a venire.
Le prossime tappe dovranno essere quelle della strutturazione dei circoli transitori del PD esistenti e della creazione di nuovi; la ripresa e l’accelerazione della discussione sullo Statuto del PD all’estero; la nuova fase di trasformazione, dopo l’approvazione dello statuto, dei circoli da transitori a effettivi in base alle regole stabilite dallo statuto e ai criteri scelti per la selezione dei gruppi dirigenti locali.
Queste fasi segneranno l’evoluzione di un partito grande, forte, strutturato e radicato sul territorio, nel quale dovrà esserci spazio di discussione e dialogo sia per i cittadini sostenitori (che si avvicinano sporadicamente alla vita politica e in particolari momenti di grande rilevanza) che per gli aderenti e militanti, cioè quelle migliaia di volontari che vogliono iscriversi, partecipare con costanza alla vita, al dibattito politico e alle decisioni quotidiane che un partito si trova a dover prendere. Lo stesso Veltroni, infatti, nella riunione con i segretari regionali, ha detto che dovremo fare “la campagna per il tesseramento” al PD.
Ma a queste fasi importanti per l’organizzazione e la strutturazione del partito, dovrà affiancarsi quella della discussione seria e approfondita sull’identità del partito, dalla quale si trarrà anche l’idea e il disegno che abbiamo come PD sulle riforme istituzionali, vero terreno di confronto in questa legislatura. Siamo o no, e quanto, presidenzialisti o semi-presidenzialisti? siamo e quanto federalisti? vogliamo o no il bicameralismo perfetto? gli eletti all’estero in quale Camera e in che quantità devono essere collocati? la nostra aspirazione maggioritaria deve spingerci verso l’autosufficienza o meno? vogliamo davvero evitare ogni confronto, ogni dialogo o alleanza sia con l’UDC che con la Sinistra radicale, cominciando con l’innalzamento della soglia di sbarramento anche alle europee?
A mio avviso quest’ultima tentazione è pericolosa, poiché autosufficienti non lo siamo, né politicamente né culturalmente, tant’è che abbiamo già fatto un partito nuovo che si basa proprio sull’unione di culture diverse. La nostra forza, quindi, non può stare nel passare dall'Unione alla solitudine completa, ma deve risiedere nel saper dare rappresentanza a larghe fasce di popolazione, a più identità culturali e politiche, ma senza pretendere di poterle rappresentare tutte o di costringere il sistema a tecnicismi pericolosi che sottrarrebbero rappresentanza a forze oggi politicamente democratiche e culturalmente vivaci, ma che poi si troverebbero costrette a ben altri e più pericolosi sbocchi. Non voglio dire, con questo, che dobbiamo tornare a L’Unione, ma che dobbiamo guardare avanti e saper continuare il rinnovamento disegnando un partito strutturato e con un’identità chiara e certa, seppure plurale e maggioritaria. E’ su questo che deve riprendere prima possibile, insieme all’analisi del voto, la discussione al nostro interno.
E anche per quanto riguarda il partito all’estero, questa discussione ci aiuterà sia in previsione delle prossime europee, che in vista delle elezioni per il rinnovo di Comites e CGIE, quando dovremo, per ragioni di forza, discutere con un universo molto più ampio e articolato del Partito Democratico.
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