mercoledì 15 maggio 2013

Ritrovare identità e senso dello stare insieme

Per chi avesse la voglia e la pazienza di leggerla, questa è la relazione introduttiva che ho tenuto all'Assemblea della Circoscrizione estero del 10 maggio scorso.
 
Carissimi,
grazie a tutti per essere qui nonostante i tempi stretti della convocazione di questa Assemblea.
La preparazione di questa assise nazionale, infatti, arriva in un momento difficile, di grande difficoltà e disorientamento del Partito. E arriva con un carattere di urgenza allarmante.

Quindi ringrazio per lo sforzo organizzativo di cui si è fatto carico, come sempre, il mio Ufficio.
Ringrazio anche Beatrice, Paolo e Monica, che hanno lavorato all’odg e che presiederanno i lavori.

Ci troviamo probabilmente nel momento più difficile della vita del nostro Partito, decisivo per il suo futuro. E questa volta lo dico in termini non solo di tenuta elettorale, ma di sopravvivenza politica.

Un momento storico drammatico, nel quale dalla crisi economica mondiale, istituzionale italiana, identitaria e organizzativa del PD e della Sinistra, possiamo uscire solo dicendoci chiaramente cosa deve essere il PD, a quale base di riferimento vuole guardare, per costruire quale tipo di società, con quale collocazione internazionale e con che struttura organizzativa, con quale idea di partito.

Per questo motivo, domani l’Assemblea nazionale dovrà eleggere il Segretario che traghetterà il Partito fino al prossimo congresso.
Congresso che dovrà svolgersi in tempi brevi: entro ottobre probabilmente.
Si dovranno poi riconvocare la Direzione nazionale e una prossima Assemblea per capire se e come si dovrà modificare lo Statuto.

Questi passaggi chiaramente riguarderanno anche noi e avranno sulla Circoscrizione estero una immediata ricaduta politica e organizzativa.
Anche noi dovremo tenere i congressi in tutti i nostri circoli, dire con chiarezza che tipo di partito vogliamo e a che tipo di società vogliamo guardare. In quale contesto internazionale vogliamo collocarci.

Una discussione di carattere nazionale che dovrà passare attraverso il rinnovo dei gruppi dirigenti nazionali e locali, dai circoli alle segreterie di Paese e attraverso il completamento dei passaggi formali a cui siamo chiamati.

Abbiamo assistito negli ultimi due mesi a collasso della vecchia classe dirigente del Partito. A cui si aggiunge, a mio parere, il palesamento di quella che Pasolini chiamava “mutazione antropologica” di una comunità: quella dei rappresentanti del nostro Partito insieme a quella del nostro elettorato e della società in generale.

In questa mutazione, mi pare ci sia la perdita di quel “sentimento di comunità” del quale spesso ho parlato anche in questa assemblea, nei circoli in giro per il mondo e nel seminario del 5 maggio 2011.
Quel sentimento secondo il quale si sacrifica il punto di vista personale per un’idea collettiva che diventa azione concreta.
Sentimento che allontana e distrugge ogni forma narcisistica in cambio della forza appagante di condividere qualcosa coi compagni di lotta.

Quel sentimento, quindi, che ci fa sentire tutti parte di grande una comunità ideale: prima della comunità italiana, poi della comunità di Sinistra e poi della comunità del PD.
Più volte ci siamo detti che c’era il rischio reale che chi era chiamato a rappresentarci, finisse per anteporre le proprie visioni e le proprie istanze a quelle della comunità più ampia.
Così come i nostri elettori, che pure pretendevano spesso di voler vedere anteposte le proprie istanze di parte rispetto a quelle del Partito e del Paese.

Mi pare che, senza voler giudicare chi ha fatto bene o male, chi avesse ragione o torto, questo sia successo in questi mesi (ma probabilmente anni) nel nostro popolo e nel nostro Partito.
E mi pare che l’esito sia stato il collasso a cui accennavo.

Ne vorrei discutere qui, su diversi piani, ma dopo aver fatto una premessa.
In democrazia non ci sono molti modi per tenere insieme una comunità, una associazione di persone libere o un partito.
E questi modi, questi modelli sono noti:
1)      vi è il modello dei partiti “padronali” (o se volete chiamateli dei leader forti), come il PDL, nel quale vi è solo Berlusconi che “comanda”. E tutto il resto è contorno e consenso al capo;
2)      vi sono i modelli movimentisti e populisti, tipo la Lega di Bossi, l’IDV di Di Pietro e oggi il Movimento 5 stelle di Grillo e per qualche verso il MAIE di Merlo;
3)      e vi sono i modelli popolari e di rappresentanza democratica, tipo il PD.

Nei primi due modelli vi è una persona sola al comando intorno alla quale si costruisce una comunità che segue e che ha scarso potere decisionale e addirittura di discussione o stimolo. Uno va e gli altri seguono, altrimenti “si è fuori”.

Nel terzo modello, il nostro, vi sono molte persone che discutono e decidono, dai circoli al vertice. Lo fanno attraverso luoghi virtuali, altri fisici, consolidati e formali, attraverso metodi democratici e organismi ampi o ristretti, sia in linea orizzontale che verticale.

Ma lo fanno a tutti i livelli attraverso il principio democratico della decisione a maggioranza, che è l’unico che può funzionare, nel nostro ambito culturale e politico, come l’alternativa possibile alla mancanza di sintesi comune e in alternativa al metodo del “seguire l’ordine del il capo”.
Dunque non si tratta solo di un “vincolo regolamentare”, ma di un “principio etico”.
Walter Tocci direbbe un “atto spirituale”.

Questo principio era fondativo del Partito Democratico come della coalizione “Italia. Bene comune”. E questo principio è saltato sia nel Partito che nella coalizione negli ultimi due mesi.
E insieme al principio sono saltati il Partito e la coalizione.

Dunque: attraverso una “mutazione antropologica” del popolo e della dirigenza della Sinistra (ma vale per tutta l’Italia) è venuto meno il senso di appartenenza a una comunità, l’etica politica di chi ha responsabilità di rappresentanza generale e “il” principio democratico per eccellenza.

Dunque è venuta meno la nostra capacità di stare insieme da uomini liberi.
Ecco perché dico che il momento è drammatico.

In questa situazione, la Sinistra e il PD, che pure è il primo partito in Italia con circa 400 parlamentari (una condizione di forza mai registrata nel nostro Paese), si trova paradossalmente nella situazione di massima debolezza culturale nell’influenzare vita, carattere nazionale, politica e assetti sociali.

Quando era minoritaria, accadeva il contrario, poiché aveva una tale capacità culturale che era in grado di influenzare le classi dominati e la cultura nazionale.
Oggi, invece, a causa delle nostre debolezze, quella capacità di influenza ce l’ha la destra berlusconiana, che fa emergere nel Paese, tutto il Paese (anche quello di Sinistra), l’Italia peggiore, favorendo e accentuando quella mutazione antropologica di cui parlavo.

Quindi, oggi serve che il PD torni a un’etica, una cultura e a una visione chiara del Partito e della società. Serve che dica forte e chiaro cosa vuole essere, che modello di società vuole disegnare, con chi vuol farlo a livello internazionale e con quale strumento partito.
Questo era anche l’obiettivo di cui si è discusso nel congresso del 2009.
Ma che non si è riuscito a fare negli anni successivi, sempre travolti da emergenze o scadenze elettorali immediate.

Cosa che ha finito per sancire un patto federativo tra le diverse anime culturali del partito, degenerato anche in patti correntizi.
E questo ha portato a una unità formale fatta di non belligeranza e a una scarsa capacità di attrazione nell’elettorato, che in parte si è rivolto a Grillo per sottolineare la richiesta di cambiamento.

E soprattutto di cambiamenti anche radicali, dei quali spesso il nostro PD ha avuto paura attestandosi su posizioni troppo sbiadite, tanto argomentate da sembrare fuorvianti, convinto che i nostri elettori fossero spaventati da scelte nette e divisive.

Io credo non sia vero. Quindi da qui occorre ripartire per ricostruire il senso di comunità e tornare in sintonia con nostro popolo.
È infatti vero che il popolo, come il nostro partito, è plurale. Ma l’unità del popolo e del partito la si ottiene quando la politica si dà una linea, anche di frattura, ma dalla quale poi parte per ricomporre le differenze sociali e culturali.  

Ma questi sono temi che dovremo trattare, questa volta fino in fondo e con il massimo della chiarezza, al congresso.

E dunque da qui dobbiamo prepararci ai temi e all’organizzazione formale dei congressi nei circoli all’estero.
I delegati, tutti voi delegati, dovete cominciare ad avviare questo lavoro nei vostri territori.
Mentre qui, oggi, penso dovremo discutere sulla necessità di individuare alcune questioni prioritarie da portare nell’agenda politica parlamentare.

A cominciare dai temi istituzionali:
a)      delega governativa per gli italiani nel mondo;
b)      mantenimento e ruolo della Circoscrizione estero nell’ambito della riforma costituzionale;
c)      riforma del sistema di voto.

E temi politici: IMU, servizi verso i connazionali, lingua e cultura.
Dobbiamo farlo sulla base del programma con il quale ci siamo presentati agli elettori a febbraio e, soprattutto, tenendo presente l’anomalo governo che ci troviamo a sostenere e le risorse a disposizione.
Senza sottovalutare anche il cambio degli stessi interlocutori all’interno del PD: domani cambia il Segretario e l’intera Segreteria. E non è cosa irrilevante.

Per cui io propongo di concentrarci su pochissime cose fattibili sia istituzionalmente che politicamente e proporle al voto della nostra assemblea, ragionando sull’opportunità di farle assumere all’assemblea nazionale sulla base della discussione che si farà domani.

Non escluderei, infatti, che in quella assise ci si concentrerà solo sulle questioni attinenti alla vita interna e alle prospettive del partito. Ma vedremo domani.

Vista la peculiarità di questa assise, l’incertezza nel programmare i passaggi futuri, i tempi e il calendario dei lavori nazionali, mi fermo qui, senza relazionare su altre questioni (pure importanti), rispetto alle quali lascio l’Assemblea libera di discuterne riservandomi, eventualmente, di tornarvi nelle conclusioni.

Grazie e buon lavoro.