giovedì 10 dicembre 2009

Un silenzio degli innocenti

Da due anni a questa parte, mi capita molto spesso di uscire dalla metro al Circo Massimo e trovare il traffico intasato e le linee degli autobus deviate per una qualche manifestazione di protesta nei confronti del Governo. Anche oggi ce n’è una delle guardie giurate rimaste senza occupazione.
Questo proliferare di manifestazioni di tutto il mondo del lavoro italiano è il sintomo più evidente delle condizioni di disagio e crisi che vive il Paese, anche se dai sondaggi del premier e dai media spesso non traspare, perché si dà spazio più che altro ai pochi grandi eventi mediatici tipo il “No B day”. In questi casi, invece, si tratta di manifestazioni quasi quotidiane e quantitativamente minori, ma che nel complesso rappresentano numeri enormi di cittadini, seppur distribuite temporalmente.

A questi eventi, che è possibile seguire solo di persona se si vive o lavora al centro di Roma, si aggiungono da un paio di anni a questa parte anche quelli che si svolgono all’estero e di cui, naturalmente, non si legge niente sui giornali italiani né si dà notizia in TV: un esempio su tutti le manifestazioni tenutesi a Parigi, Lione, Madrid, Valencia, Granada, Londra, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Copenaghen e Leida dagli studenti Erasmus contro la 133 del 14 novembre scorso.

Sintomo di come anche all’estero i nostri connazionali hanno da tempo alzato la voce scendendo in piazza. A volte anche in forma ricorrente.
Già il 10 dicembre dello scorso anno, infatti, in tutti i consolati italiani del mondo, migliaia di italiani hanno operato una serie di occupazioni simboliche e consegnato ai consoli una lettera dei tre sindacati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil con la quale illustravano al nostro Governo i problemi degli anziani all’estero e chiedevano alcuni interventi.

Anche oggi, a distanza di un anno esatto e dopo l’assordante silenzio del Governo Berlusconi proprio mentre le condizioni generali sono peggiorate, la società civile, i sindacati e i partiti si mobilitano ancora per richiedere pochi atti concreti:
l’assegno sociale senza l’obbligo dei 10 anni di residenza continuativa per gli italiani che tornano in patria;
l’assegno di solidarietà per gli indigenti;
l’esenzione dell’ICI sulla prima casa in Italia;
la soluzione degli indebiti pensionistici.
Tutte richieste estremamente concrete dicevo, perché per gli strati sociali più deboli, in tempi di crisi economica, occorrono di misure forti e immediate più che per gli strati sociali medio-alti.

Ma oggi si tiene a Lugano anche un’altra particolare manifestazione di cittadini italiani all’estero: quella dei frontalieri.
Questa, a mio avviso, prima che come naturale reazione a un provvedimento sbagliato, va letta anche come atto di orgoglio morale e civile.
Ai frontalieri, infatti, questo Governo impone, con lo scudo fiscale per gli evasori miliardari, il monitoraggio fiscale e l’obbligo di presentare all’Agenzia delle entrate il modello Unico entro il 29 dicembre 2009. Questo significa che si mettono sullo stesso piano i vari Calisto Tanzi che esportano illegalmente miliardi di euro non denunciati allo Stato italiano (così come fa la mafia con i soldi riciclati) con gli onesti lavoratori dipendenti e i propri piccoli risparmi.

Un atteggiamento, dunque, che delegittima, svuota e toglie dignità ai cittadini italiani che vivono o lavorano all’estero.
Il danno e la beffa, quindi, per circa 55.000 cittadini che non solo sono costretti a lavorare fuori dal Paese con i disagi che tutto ciò comporta, ma che costituiscono una patrimonio economico per l’Italia, calcolabile in ben 1.600 milioni di euro tra stipendi e salari che ritornano in Patria tra consumi e ristorni fiscali delle imposte pagate in Svizzera.

Ritengo quindi positiva anche come atto di orgoglio questa manifestazione di Lugano e spero non solo che siano finalmente raccolte dal Governo le istanze che da essa provengono, ma che l’atteggiamento dannosamente discriminatorio della maggioranza verso i cittadini italiani all’estero cessi di esistere.
Nessuno poi, naturalmente, leggerà di tutto ciò sui giornali italiani o in televisione, come nessuno, uscendo dalla metro del Circo Massimo, noterà niente. A regnare su questo disagio ci sarà qunidi un artato silenzio.
Un silenzio degli innocenti, dunque, sul quale il Governo poggia le basi del consenso che ci propina regolarmente dai soliti sondaggi fatti in casa…

venerdì 27 novembre 2009

In ricordo di Dédé

Anche se con qualche giorno di ritardo, mi piace ricordare quello che sarebbe stato il quarantasettesimo compleanno di André "Dédé" Fortin, il malinconico leader di Les Colocs, la band canadese da lui fondata nel 1990.

Un artista originale e a tratti geniale che ha introdotto nella musica canadese i temi esistenzialisti, sociali e politici: dalla piaga della droga e l’AIDS alla povertà, dall’emarginazione all’indipendenza del Quebec, di cui fu gran sostenitore al referendum del 1995. Probabilmente fu proprio la sconfitta del “Si” al referendum, insieme al dolore per la morte di AIDS del compagno di band Patrizio Esposito Di Napoli, a farlo scivolare in uno stato tale di disperazione da spingerlo a suicidarsi con una pugnalata al cuore, nella tremenda solitudine del suo appartamento di Montreal.

Dédé fu certamente un’apparizione breve e fugace nel panorama musicale canadese e mondiale (1993-2000), ma ha lasciato una traccia profonda, poiché ha introdotto un modo nuovo di fare musica in Canada. Oggi, infatti, chiunque in Canada scriva canzoni con temi sociali e politici, lo fa partendo proprio dall’opera di Dédé e di Les Colocs.
Nele sue canzoni la musica, scanzonata e dal ritmo allegro, è in forte contrasto con testi dal contenuto serio e spesso tragico.

lunedì 23 novembre 2009

Pacifica-mente: Consolato occupato senza K

Oggi a Liegi i nostri concittadini manifestano contro la chiusura del Consolato, consegnando al Console una petizione con 5.000 firme contro questo provvedimento e occupando simbolicamente e pacificamente la nostra sede diplomatica in terra belga. Ritengo che sia un'iniziativa condivisibile e per questo ho detto la mia con questa nota per la stampa.

“Occorre sostenere in ogni modo le iniziative come quella messa in campo oggi dal Coordinamento per la difesa del Consolato d’Italia in Liegi e per la salvaguardia della lingua e cultura italiana”.
Lo sostiene in una nota per la stampa Eugenio Marino, del Partito Democratico, invitando i militanti del PD all’estero a mobilitarsi come si sta facendo in queste ore in Belgio. “Sono già moltissimi i nostri iscritti e dirigenti all’estero – continua l’esponente del PD – che hanno aderito a questo tipo di iniziative spontanee e che parteciperanno alle manifestazioni di consegna ai consoli di petizioni e firme contro le chiusure di importanti sedi consolari e a temporanee occupazioni pacifiche e simboliche di alcuni consolati”.

“Il PD all’estero sostiene queste iniziative – prosegue Marino – e assicurare la propria partecipazione civile al fianco di chiunque si impegna contro questo piano di riordino iniquo e penalizzante per i cittadini italiani nel mondo, siano essi lavoratori, studenti, pensionati o imprese, in alcuni casi proprio le più colpite dalla chiusura di sedi come quella di Liegi”.

“I nostri connazionale all’estero – aggiunge Marino – sono consapevoli che non vi è proporzione tra i disagi alla collettività che derivano da questa riorganizzazione e i benefici economici che lo Stato ne ricava. Per questo chiedono rispetto della propria dignità, poiché di questo si tratta, e ribadiscono quanto invece l’Italia possa trarre vantaggio economico proprio dal mantenimento di alcune strutture che si vuole chiudere e da una diversa riorganizzazione che passi attraverso la consultazione di quegli organismi istituzionali esteri che potrebbero dare le giuste indicazioni sulla strada del risparmio economico, della valorizzazione di alcune aree del pianeta e di una organizzazione che non penalizzi nessuno”.

“In questo senso – conclude Marino – sarebbe auspicabile un impegno comune e trasversale, sia nella comunità che tra i partiti, finalizzato a fermare questo piano di riordino e a studiarne uno alternativo, capace di tenere insieme le giuste necessità del Paese verso le nuove e strategiche aree di insediamento economico e le esigenze delle comunità italiane all’estero, anch’esse vitali per la cultura e l’economia dell’Italia, più di quanto fino a oggi non si è immaginato”.

venerdì 13 novembre 2009

C'è qualcosa di strano nell'aria che inverno non è...

Dev’esserci qualcosa nell’aria di questo tiepido scorcio autunnale che influenza comportamenti e dichiarazioni dei politici – soprattutto del PDL – insomma li altera, li deforma.
Sarà per questo che l’onorevole Giovanardi e il Ministro La Russa, in un eccesso di sospetto, hanno chiesto il test antidroga per i parlamentari?

Da alcuni giorni a questa parte, a Destra impazza il dibattito sull’opportunità o meno di costruire il PDL nel mondo. E questo nonostante il partito di maggioranza relativa esprima diversi parlamentari eletti all’estero. Il livello della discussione si è spinto così in là che Tremaglia (che per anni ha chiesto il voto politico tra gli italiani all’estero), ha minacciato addirittura di uscire dal PDL qualora il partito si istituzionalizzi nelle sue articolazioni estere con relativo tesseramento, sedi ecc.

Per Tremaglia, infatti, gli italiani all’estero, o meglio la Destra all’estero, è rappresentata esclusivamente dal CTIM (Comitato Tricolore Italiani nel Mondo), da lui fondato e presieduto: bizzarro, davvero bizzarro.
Mi sono chiesto come mai Tremaglia l’abbia messa giù così dura, fino a minacciare un passo irrevocabile quanto inusitato per un uomo ‘di partito’ quale egli è.
Confesso di non essermi accontentato della spiegazione che lui stesso ha dato liquidando l’iniziativa dei vertici del PDL come una scelta “assurda e contraria agli interessi dell’emigrazione, tanto è vero che il PDL ha assunto sinora posizioni contro i principi di civiltà, socialità, onore e contro gli interessi degli emigranti stessi ogniqualvolta è stato posto in Parlamento il problema persino della loro sopravvivenza”.

La durezza inappellabile di questo giudizio, inoltre, credo autorizzi a rivolgere alcune domande.

Innanzitutto come mai, se, come afferma l’ex ministro, le politiche dell’attuale Governo nei confronti degli italiani all’estero sono non solo inadeguate, ma persino lesive della dignità dei nostri connazionali all’estero, l’on. Tremaglia fino a oggi non si è dimesso dal PDL, neppure quando l’attuale Governo ha falcidiato le risorse per gli italiani all’estero e ha presentato il piano di chiusura dei consolati?

Come mai, oggi, non cambia i termini del suo ultimatum al PDL?

Coerenza e concretezza vorrebbero che l’attuale Segretario generale del CTIM chiedesse con fermezza al proprio partito l’annullamento di fatto dei tagli inferti alle politiche per gli italiani all’estero e le chiusure dei consolati e il ripristino – se non l’integrazione – dei finanziamenti ai capitoli di spesa del MAE che riguardano gli italiani nel mondo. Subordinando la decisione di uscire dal PDL ad un eventuale diniego.

Ecco, questo sì spazzerebbe in un sol colpo dubbi e sospetti.
Se poi consideriamo che, a completamento del quadro, a Tremaglia che minaccia vanno aggiunti: Di Biagio e gli altri parlamentari del PDL che parlano di equivoco, Canepa che invita a fare eco alle parole di Tremaglia, Bellaccini che vuole abolire i parlamentari eletti all’estero, Filosa perplesso su come si possa chiedere all’estero l’iscrizione al PDL dopo i tagli, beh ecco, se consideriamo tutto questo, allora l’iniziativa dei parlamentari Giovanardi e La Russa assume tutta un’altra pregnanza. E forse (dopo... dico dopo...) ci darà anche la spiegazione di certi comportamenti.

martedì 10 novembre 2009

Popolare! Bersani e il linguaggio di Sinistra

Una delle cose che ho più apprezzato dell'idea di partito proposta da Bersani è quella di volere un partito popolare. Quindi di aver ripreso come inno "La canzone popolare" di Fossati e di cercare un linguaggio che sappia parlare al popolo, anche "quello di rete 4", come ha detto nel suo discorso di sabato all'Assemblea nazionale.
Per questo ho letto con piacere l'articolo di Michele Serra, oggi su Repubblica, che è un'ottima base di partenza per ciò che vuol fare Bersani.

Chi ha volgia di leggerlo può cliccare qui.

lunedì 9 novembre 2009

La caduta del muro nella Domenica delle salme...

Nell’anniversario della caduta del muro di Berlino, non posso non pensare a De Andrè e alla sua La domenica delle salme: un canto amaro e provocatorio come solo lui sapeva essere sulla morte di un'utopia. Milioni di persone, trascinate da un sogno diventato incubo.

A diciannove anni dall'uscita di quella canzone, nel cuore di una drammatica crisi economica scatenata dagli eccesi del turbocapitalismo finanziario, la storia sembra presentarci il conto di quella "pace terrificante" che De Andrè sentiva arrivare.
Questi venti anni non ci parlano solo della liberazione di popoli da oppressioni e tirannie, ma anche di nuove miserie, disuguaglianze inimmaginabili. E di una politica rimasta troppo a lungo schiacciata sotto le macerie di quel muro. Una Sinistra che troppo di rado ha tentato di riprendere il filo di una nuova narrazione, capace ancora di indicare una alternativa possibile. Un'eredità che interpella con forza anche noi italiani con il Partito Democratico che stiamo costruendo.
E' tanto più significativo che il ventennale della caduta del muro si celebri proprio nei giorni in cui il Congresso di Washington dà l'ok alla prima riforma per l'assistenza sanitaria universale negli USA voluta dal Presidente Obama.


La domenica delle salme
Tentò la fuga in tramverso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggiava Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento.

I polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semaforiri
facevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista.

La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade.

La domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa
affollarono i parrucchieri.

Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a "Baffi di Sego" che era il primo
si può fare domani sul far del mattino
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcioil carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo -
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile.

La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale.
La domenica delle salme
si sentiva cantare
- quant'è bella giovinezzanon vogliamo più invecchiare -.
Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta poi ci mandarono a cagare
-voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
con i pianoforti a tracolla vestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilistie dai padri Maristi
voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo -

La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia.

La domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta.
Il video di G. Salvadores con F. De André: qui

lunedì 2 novembre 2009

Canzone per Alda Merini

Amavo molto Alda Merini, due delle sue poesie sono state molto importanti in una fase critica della mia vita: con lei ho potuto dire le cose che sentivo e che non ero in grado di comunicare. Non è questo che fa un vero poeta? Mettere a disposizione dell'umanità sentimenti e parole...
Ma ecco come la canta Vecchioni.

Noi qui dentro si vive in un lungo letargo,
si vive afferrandosi a qualunque sguardo,
contandosi i pezzi lasciati là fuori,
che sono i suoi lividi, che sono i miei fiori.

Io non scrivo più niente, mi legano i polsi,
ora l'unico tempo è nel tempo che colsi:
qui dentro il dolore è un ospite usuale,
ma l'amore che manca è l'amore che fa male.

Ogni uomo della vita mia
era il verso di una poesia
perduto, straziato,
raccolto, abbracciato

Ogni amore della vita mia
ogni amore della vita mia
è cielo e voragine,
è terra che mangio
per vivere ancora.

Dalla casa dei pazzi, da una nebbia lontana,
com'è dolce il ricordo di Dino Campana;
perché basta anche un niente per esser felici,
basta vivere come le cose che dici,
e dividerti in tutti gli amori che hai
per non perderti, perderti, perderti mai.

Cosa non si fa per vivere,
cosa non si dà per vivere,
guarda! Io sto vivendo

Cosa mi è costato vivere?
Cosa l'ho pagato vivere?
Figli, colpi di vento...

La mia bocca vuole vivere!
La mia mano vuole vivere!
Ora, in questo momento!

Il mio corpo vuole vivere!
La mia vita vuole vivere!
Amo, ti amo, ti sento!

Ogni uomo della vita mia
era il verso di una poesia
buttata, stracciata,
raccolta, abbracciata

Questo amore della vita mia,
ogni amore della vita mia,
è cielo e voragine,
è terra che mangio
per vivere ancora

martedì 27 ottobre 2009

Se c'è qualcosa da capire ancora...

Alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora
se c'è qualcosa da fare
alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora ce lo dirà
se c'è qualcosa da chiarire ancora ce lo dirà.

Sono io oppure sei tu
che hanno mandato più lontano
per poi giocargli il ritorno
sempre all'ultima mano
e sono io oppure sei tu
chi ha sbagliato più forte
che per avere tutto il mondo frale braccia
ci si è trovato anche la morte
sono io oppure sei tu
ma sono io oppure sei tu.

Alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora
se c'è qualcosa da fare
alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora
ce lo dirà se c'è qualcosa da chiarire ancora
ce lo dirà.

Sono io oppure sei tu
la donna che ha lottato tanto
perché il brillare naturale dei suoi
occhi non lo scambiassero per pianto
e invece io, lo vedi da te
arrivo sempre l'indomani
e ti busso alla porta ancora
e poi ti cerco le mani sono io, lo vedi da te
mi riconosci, lo vedi da te.

Alzati che si sta alzando la canzone popolare.
Sono io sono proprio io
che non mi guardo più allo specchio
per non vedere le mie mani più veloci
né il mio vestito più vecchio
e prendiamola fra le braccia
questa vita danzante
questi pezzi di amore caro
quest'esistenza tremante
che sono io e che sei anche
tu che sono io e che sei anche tu.

Alzati che si sta alzando
la canzone popolare.
Alzati che sta passando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora ce lo dirà
se c'è qualcosa da chiarire ancora ce lo dirà
se c'è qualcosa da capire ancora ce lo dirà
se c'è qualcosa da cantare ancora si canterà.

Alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora
se c'è qualcosa da fare
alzati che si sta alzando
la canzone popolare
se c'è qualcosa da dire ancora ce lo dirà
se c'è qualcosa da chiarire ancora ce lo dirà.

Ivano Fossati

lunedì 19 ottobre 2009

Bersani Segretario! Vota e fai votare per lui il 25 ottobre

Mancano sei giorni alle primarie. Francamente non vedo l'ora: questo sistema in due tempi di selezione del Segretario del partito è lungo e logorante per tutti, oltre che incomprensibile per molti e pericoloso per le sorti del partito stesso.

Comunque, dopo la bella vittoria di Pier Luigi Bersani nella prima fase del Congresso, tutti gli osservatori esterni prevedono una sua anche alle primarie e questo mi conforta sul piano personale e tranquillizza su quello politico, poiché penso che sarebbe, invece, una iattura per il partito un verdetto diverso da quello uscito dal Congresso. Ne verrebbe fuori l'idea di una differenza sostanziale tra "iscritti" ed "elettori", di un partito che discute e decide cose che non sono condivise nella società più larga, che invece guarda altrove e compie scelte diverse. I nostri avversari strumentalizzerebbero il risultato spiegandoci che il PD non è in grado di leggere la realtà né tanto meno di rappresentarla, chiuso nelle sue stanze dalle quali non riesce a vedere fuori. E questo allontanerebbe sia l'elettorato moderato che quello di Sinistra.
Insomma, passerebbe del PD l'immagine di un partito lontano dalle esigenze e dalle aspettative della società reale. Tutto ciò sarebbe deleterio per l'intero il PD, per la nostra aspirazione a diventare presto forza di Governo e favorirebbe solo la Destra, a danno dell'intero Paese.
Anche per questo, quindi, penso che occorra fare l'ultimo sforzo e partecipare alle primarie il 25 ottobre votando convintamente Bersani.
E poi, per quanto riguarda la Circoscrizione estero del PD, credo vada riconosciuto a Bersani il merito di aver saputo ascoltare le istanze provenienti da tutto il mondo e di aver dato chiari segnali di attenzione e di impegno nei loro confronti: il suo documento sugli italiani all'estero; il passaggio sugli italiani all'estero (collegato alla politica internazionale) nel primo discorso pubblico nel quale ha presentato la sua candidatura; il riferimento e il particolare saluto con cui ha aperto il suo discorso al congresso nazionale l'11 ottobre; la lettera agli italiani all'estero.

In tutti questi passaggi il filo conduttore della sua proposta è chiaro e semplice:
  • mantenere gli italiani all'estero nella sfera delle politiche estere e relazioni internazionali;
  • riconoscergli un ruolo di interlocutori con alcune istituzioni nazionali e locali;
  • riformare e rilanciare il ruolo dell'associazionismo all'estero con cui il partito deve dialogare e collaborare;
  • garantire l'assistenza alle fasce più deboli e di anziani in condizioni di indigenza;
  • promuovere una politica seria e di investimenti per i corsi di lingua e cultura italiana;
  • contribuire seriamente al processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e dell'Italia.
La sua storia personale e politica, le capacità già dimostrate al Governo del Paese, le riforme già fatte dal Bersani ministro, confermano che ogni impegno che lui prende diventa azione concreta quando assume un incarico, e sempre la sua azione è di stampo fortemente riformatore e liberal.

P.S. Per votare Bersani puoi andare nei seggi all'estero della tua città (che trovi cliccando qui) o votando online cliccando qui.

martedì 22 settembre 2009

Bersani per correggere e guadare avanti in una visione moderna, innovativa e riformatrice

In questi giorni si stanno svolgendo in Italia e nel mondo i congresso di circolo del Partito Democratico. Si tratta dei primi passi di un processo davvero fondativo del PD. Tutti, in questi giorni, sentiamo il peso della responsabilità di star costruendo uno strumento utile all’Italia, agli italiani all’estero e agli interessi e valori in cui crediamo e che vogliamo rappresentare.
In ogni circolo gli iscritti stanno discutendo con passione e chiarezza su quanto è stato fatto fin qui, sui meriti e gli errori del nostro partito, sul che cosa ci sia da correggere rispetto a quanto abbiamo fatto negli ultimi due anni per guardare avanti e dare nuova forza al nostro grande progetto.Per questo la discussione va incentrata nel merito delle cose. Per questo è del merito delle cose che stiamo parlando e vogliamo continuare a parlare.

La mozione Bersani dice parole chiare e nuove all’Italia e agli italiani all’estero. Si propone di avviare un ciclo politico che porti ad una solida alternativa di governo, a un partito con una chiara identità, a un forte progetto politico e organizzativo. I primi segnali che arrivano dai congressi ci dicono che la strada è quella giusta.
Il 63% dei consensi a Bersani nella sola città di Milano è non solo incoraggiante, ma indicativo di quanto un Partito Democratico da lui guidato possa farci recuperare i ritardi accumulati in alcune aree particolarmente avanzate del Paese e nelle quali oggi viviamo una condizione di estrema debolezza politica ed elettorale.

Le adesioni e il sostegno diffuso di importanti figure istituzionali (in Italia e nelle nostre comunità altr’Alpe), di parlamentari eletti in tutte le ripartizioni geografiche (Nord e Sud America, Europa, Australia), la parte più avanzata dell’associazionismo e del mondo sindacale all’estero, dimostrano la forza unitaria di Bersani e la sua capacità a dialogare e tenere un rapporto vivo anche con settori che vanno oltre il Partito Democratico nel mondo.
Come ha scritto la Senatrice Finocchiaro, Presidente dei Senatori PD, “la mozione Bersani è quella che più convince, sia sotto il profilo dell’analisi degli errori del PD e delle proposte che avanza, sia della descrizione che fa dell'Italia”.

Allo stesso modo convince per le proposte che avanza per gli italiani all’estero e le loro istituzioni, oltre che per la visione moderna, innovativa e riformatrice del loro ruolo nei confronti del Partito, del Parlamento, del Paese.

lunedì 14 settembre 2009

Molte buone ragioni per sostenere Bersani

Io sostengo Pierluigi Bersani. I motivi sono molti, ma qui di seguito ce ne sono spiegati alcuni, molto validi, nella sua lettera agli iscritti e nel documento sugli italiani all'estero.

"Cara iscritta, Caro iscritto, in questi giorni il nostro congresso comincerà a vivere in tutti i circoli. È il primo congresso del Pd, un congresso davvero fondativo. Abbiamo tutti la responsabilità di costruire uno strumento utile all’Italia e agli interessi e ai valori che vogliamo rappresentare. Il compito dei candidati è quello di dire con chiarezza se ci sia qualcosa da correggere di ciò che abbiamo fatto fin qui e che cosa ci sia da correggere per guardare avanti e dare nuova forza al nostro grande progetto.
Le candidature non sono contrapposizioni; sono diverse proposte che si sottopongono agli iscritti e ai cittadini elettori. Loro decideranno, e tutti ci rimetteremo alle loro decisioni. Per questo la discussione può essere serena, chiara e vera. Un partito, infatti, è una comunità di protagonisti. Alla fine del nostro percorso congressuale dovremo dire parole chiare e nuove all’Italia e avviare un ciclo politico che porti ad una alternativa di governo. Questo è il nostro compito, questa è la nostra responsabilità.

Comunque la pensiate, voglio salutarvi tutti con grande amicizia e solidarietà e augurarvi (e augurarci) buon lavoro.
Pier Luigi Bersani"


Il documento, disponibile anche sul sito ufficiale bersanisegretario.it
Italiani nel mondo: una risorsa per l'internazionalizzazione del Partito, del Parlamento, del Paese
Nel contesto globale l’Italia di oggi, arricchita dalla presenza nelle istituzioni repubblicane dei 18 rappresentanti eletti all’estero, può contare sul contributo di diversi milioni di cittadini italiani e loro discendenti che vivono e lavorano in ogni parte del mondo. Una larga fetta di popolazione che, sia nel Partito, come in Parlamento e nel Paese, deve trovare la giusta collocazione e le strutture adatte per partecipare realmente e attivamente alla vita politica, al processo di integrazione dei nuovi migranti in Italia e di internazionalizzazione del Paese all’estero.
Occorre cambiare l’inadeguata e anacronistica percezione della presenza italiana nel mondo tra le istituzioni e nella politica nazionale. Bisogna farlo sul versante delle politiche di intervento verso le realtà di origine italiana nel mondo, che da tempo hanno subito una loro autonoma evoluzione sul piano dell’avanzata integrazione nei Paesi di residenza e con l’accresciuto numero di generazioni d’origine, che non hanno un legame diretto con l’Italia, ma con la quale vogliono comunque mantenere moderne forme di collegamento. Così come va affrontato concretamente e seriamente il fenomeno delle nuove mobilità.

Il tutto in una visione progressista e complessa delle migrazioni come strumento dinamico delle relazioni globali e per una politica fondata sui valori della convivenza e della solidarietà verso gli immigrati in Italia, per il cui successo può essere determinante la preziosa esperienza partecipativa e democratica della collettività italiana in Europa e nel mondo.
Vanno garantiti e rafforzati gli organismi istituzionali di rappresentanza delle comunità all’estero, ai quali va confermato il ruolo di interlocutori con le istituzioni locali.
Le politiche dei soli tagli verso gli italiani all’estero adottate da questo Governo, prive di un progetto di riforma e valorizzazione delle nostre comunità, vanno nella direzione opposta a quella da noi auspicata. Esse colpiscono soprattutto le generazioni più giovani nate in loco e che cercano un legame con l’Italia, gli strati sociali più deboli e gli anziani che più hanno dato all’Italia in termini di sacrifici, rimesse economiche, tragedie sul lavoro e dignità internazionale e che oggi, per questi motivi, meriterebbero un welfare certo rinnovato e sostenibile economicamente, ma sicuramente rafforzato sul piano della protezione sociale.

Maggiore attenzione, poi, meritano scuola e cultura all’estero; settori avviati all'azzeramento dai tagli in Finanziaria sui già modesti contributi per il triennio 2009-2011. Il mantenimento, la trasmissione, la promozione e diffusione di lingua e cultura nel mondo fanno perno in misura rilevantissima sulla presenza di italiani, di nascita e oriundi, nei confronti dei quali lo Stato ha praticamente rinunciato a una politica di recupero linguistico e culturale.
In un periodo di grave crisi economica globale, poi, nel quale vengono meno migliaia di posti di lavoro e le imprese stentano a trovare spazi e aprirsi a nuovi mercati, il ruolo attivo degli italiani all’estero va rivisto anche sul piano economico, nel quale possono fare da battistrada all’Italia. Le nostre imprese, infatti, oggi fanno ancora fatica, per dimensione e capitali, ad affacciarsi ai mercati internazionali. Perché manca un terziario d’appoggio: istituti di credito, società di servizi che li prendano per mano e li accompagnino nei nuovi luoghi, nei quali c’è da capire come si avvia un’attività produttiva, quali sono i regimi fiscali, come si chiedono le autorizzazioni, come si trovano partner che abbiano una rete commerciale per possibili sinergie.

Avere in ogni luogo, nei paesi stranieri ove si vuole aprire nuovi mercati, un italiano che da tempo fa l’imprenditore o che semplicemente conosce il funzionamento dei meccanismi commerciali o amministrativi, un Comites che rappresenta a livello istituzionale di base l’Italia e suoi cittadini, i rappresentanti di un rinnovato e riformato CGIE, sedi dell’ICE, delle Camere di commercio, di patronati e associazioni messi in rete tra loro e capaci di scambi di informazioni e database comuni, faciliterebbe l’inserimento delle imprese italiane e lo sviluppo del sistema Italia nel contesto internazionale in un’ottica di rinnovamento di tutto il Paese.
Per tutto questo il Partito Democratico dovrà promuovere un serio e approfondito confronto, capace di coinvolgere forze che vanno anche oltre il Partito stesso. Dovrà prevedere luoghi e occasioni di studio, dialogo e confronto di idee. Sedi permanenti, interne, ma aperte, caratterizzate da pluralismo culturale e civile.

Il Partito Democratico, infine, dovrà riprendere e sostenere l’azione di rinnovamento e rilancio dell’associazionismo all’estero, che rappresenta da sempre una ricchezza plurale in ambito sociale, economico, politico e culturale.

Leggi il documento anche sul sito ufficiale bersanisegretario.it

giovedì 16 luglio 2009

Lettera ai segretari di circolo

Oggi si è insediato il Comitato per il Congresso all'estero. Quella che segue è la prima comunicazione ufficiale del nuovo organismo e del Coordinatore, Mario Barbi. Sperando di fare cosa utile, la pubblico anche sul mio blog, in quanto so essere luogo frequentato da segretari di circolo del PD all'estero e militanti interessati.

Roma, 16 luglio 2009

Oggetto: scadenza tesseramento estero e invio anagrafe iscritti

Care democratiche, cari democratici,

si è insediato stamattina il Comitato per il Congresso all’estero e ha tenuto la sua prima riunione organizzativa stabilendo compiti, modalità e regole interne del Comitato stesso oltre alle prime scadenze per ciò che riguarda gli adempimenti dei circoli nella Circoscrizione estero del partito.

A questo proposito vi faccio presente che, in attuazione del “Regolamento per l’elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale”, l’ultimo giorno utile per fare il tesseramento è fissato al 21 luglio 2009. A questo proposito, dunque, facendo riferimento anche alle precedenti comunicazioni, ogni circolo territoriale o federazione di Paese (laddove costituite e operanti) dovrà inviare i propri elenchi dei tesserati fin da subito al suddetto Comitato nazionale, e comunque entro la data del 22 luglio 2009 compreso. I dati saranno poi raccolti dal Comitato per il Congresso all’estero e da esso trasmessi alla Commissione nazionale che vigila sull’anagrafe degli iscritti.

Tutti gli elenchi (inseriti nel file excell allegato e compilato in ogni sua parte) vanno spediti alla segreteria del Comitato per il Congresso all’estero ai seguenti indirizzi:
a.fabrizio@partitodemocratico.it
g.barcaroli@partitodemocratico.it

Per eventuali informazioni aggiuntive o disguidi tecnici in merito all’invio e al ricevimento dei dati, si può contattare la stessa segreteria sia per e-mail che per telefono ai seguenti numeri:

0039 (0) 6 67547 301 (Gina)
0039 (0) 6 67547 214 (Alessandra)

Certo della collaborazione e del rispetto dei tempi da parte di tutti, invio i più cari saluti.

On. Mario Barbi
Coordinatore
Comitato per il Congresso all’estero

lunedì 13 luglio 2009

Regole di base

Beppe Grillo candidato alla segreteria nazionale del Partito Democratico?
Nulla di cui preoccuparsi, poiché il comico genovese, nel suo ruolo, è anche portatore di istanze a cui il PD deve saper torvare risposte serie. Le deve trovare proprio per evitare la deriva populistica di Sinistra, poiché Grillo parla anche a una parte consistente di questa Sinistra.
E poi siamo un partito Democratico davvero, laico e privo di pregiudizi o costruzioni ideologiche; aperto, al quale ognuno può iscriversi (salvo i casi previsti dal codice etico); integrante, tanto che ognuno può aspirare a dirigerlo.

Ma proprio perché siamo un partito Democratico davvero, ci siamo dati delle regole (belle o brutte che siano), ma delle regole. E in democrazia il rispetto delle regole è fondamentale. E' esattamente la base stessa della democrazia.
E le regole del Partito Democratico, al comma 3 dell'articolo 9 dello Statuto nazionale, prevedono che: "Possono essere candidati e sottoscrivere le candidature a Segretario nazionale e componente dell’Assemblea nazionale solo gli iscritti in regola con i requisiti di iscrizione presenti nella relativa Anagrafe alla data nella quale viene deliberata la convocazione delle elezioni".

Quindi può candidarsi chi sia regolarmente iscritto alla data della "convocazione delle elezioni" (26 giugno 2009; e lo si sa da sempre): a quella data Grillo non era iscritto e dunque non può candidarsi.

C'è poco da dire: rispetto per le regole uguale base della democrazia.
Ma perché, allora, Grillo dice di volersi candidare pur sapendo che le regole non glielo permettono?
Forse per evitare lui un confronto che lo vedrebbe perdente e per poter continuare a sparare contro il PD che per "cavilli burocratici" gli "impedirebbe" di candidarsi...
Vorrei, ma non posso...?

mercoledì 17 giugno 2009

Alcuni cittadini sono diseguali davanti al Governo... quelli all'estero

Art. 3 della Costituzione italiana:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge [...]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini [...]"...

Il Senato ha approvato lo scorso mese di maggio il decreto sulla ricostruzione in Abruzzo, ora al vaglio della Camera dei Deputati, che prevede aiuti per la ricostruzione a chi ha visto la propria casa colpita dal terremoto.
I parlamentari del PD alla Camera hanno introdotto un emendamento che estende il diritto ai contributi per la ricostruzione anche ai residenti all’estero che hanno casa in quella regione e per la quale pagano l'ICI (tra l'altro unici italiani a pagare ancora questa imposta...).
Governo e maggioranza hanno detto di no all'emendamento, "nonostante la grande e forte opera di solidarietà di cui le comunità italiane nel mondo sono protagoniste", come ha ricordato l'on. Marco Fedi.

Si continua, dunque, da parte della maggioranza e del Governo, a fare una ingiustificata e dannosa distinzine tra cittadini in Italia e cittadini all'estero, violando un sacro principio costituzionale.
In questo caso, poi, al danno della mancanza di contributi per la ricostruzione, si aggiunge la beffa di dover pagare l'Imposta Comunle sugli Immobili che nessun altro cittadino paga.
Insomma, pare proprio che per questo Governo essere cittadino all'estero sia una malattia da debellare. Sembra che questi "cittadini di serie B" siano un peso da scrollarsi da dosso, un fastidio di cui liberarsi, dei mendicanti da liquidare voltandogli le spalle.

giovedì 11 giugno 2009

Socialisti e democratici in un unico Gruppo a Strasburgo

Il PD starà in unico gruppo al Parlamento europeo e ci starà insiema ai Socialisti. Si chiamerà Asde: Alleanza dei socialisti e dei democratici. E' il riconoscimento chiaro e internazionale che la strada indicata dal PD italiano di una fusione dei diversi partiti riformisti, democratici e progressisti è quella giusta e che può rappresentare una via nuova per la Sinistra in Europa e una risposta alla crisi che questa stessa Sinistra vive.
Una soluzione che garantisce anche la continuazione dell'impegno politico unitario di tanti italiani che vivono in Europa e che militano nei partiti socialisti locali o in altri partiti che a Strasburgo potranno trovare una casa comune nel neonato gruppo.
Ma questo è solo il primo passo, c'è ancora molto da fare in merito all'elaborazione politica, all'amalgama, all'identità, alle alleanza, al rapporto col mondo del lavoro e con le nuove dinamiche della politica internazionale ed economica del dopo crisi.

Comunque, il cammino è cominciato anche in Europa. Se il prossimo congresso di ottobre affronterà col piglio giusto la discussione interna sulle questioni che abbiamo evitato nei precedenti congressi e nell'ultimo anno, trovando anche le relative risposte, il cammino del PD si trasformerà in corsa in Italia e in Europa, dove potrebbe diventare locomotiva della Sinistra del futuro.

P.S. E ora via libera ai taroccatori di professione, che potranno cominciare a declininare l'acronimo dell'Asde con la Asociaciones de Scouts de España... e chissà dove si finirà.

venerdì 5 giugno 2009

Perché votare Partito Democratico

Oggi e domani si vota in Europa per il rinnovo del Parlamento europeo. Un passaggio importante per il rilancio del processo di Barcellona, per la costituzione di una nuova maggioranza europea di centrosinistra e per la definizione di una forte idea di Europa politica e sociale.
Un passaggio importante anche per le questioni che riguardano gli italiani in Europa: riconoscimento della doppia cittadinanza fino al successivo traguardo della piena cittadinanza europea; scolarizzazione dei discendenti degli italiani all’estero; sicurezza e ammortizzatori sociali; integrazione; omogeneità nell’esercizio dei diritti politici.

E' importante partecipare. E' importante votare. E' importante votare Partito Democratico: l'unico partito italiano con un profilo da sempre realmente europeo e internazionale e capace di lavorare sull'internazionalizzazione, sul multilateralismo e per il progresso, senza dimenticare mai gli strati più deboli delle società.

C'è bisogno di un'Europa forte e che parli con una voce sola. C'è bisogno di partiti e di persone che si impegnino per questo. Il Partito Democratico sarà una garanzia.

martedì 26 maggio 2009

Scegli i candidati che lavorano anche per gli italiani all'estero

Voglio segnalare i candidati del PD nelle cinque circoscrizioni elettorali italiane che hanno già dimostrato in passato un forte impegno per gli italiani all'estero e quelli nuovi che vogliono interessarsi a questi temi se saranno eletti.
Alcuni di questi hanno già scritto e spedito per posta agli italiani in Europa un loro pieghevole, che arriverà agli elettori tra qualche giorno.
Per rafforzare, quindi, la presenza di eletti al Parlamento europeo che seguono le tematiche che riguardano gli italiani all'estero, ti chiedo di dare a loro, nella tua circoscrizione, il tuo voto di preferenza e di far circolare questi nomi tra i tuoi amici e conoscenti.


Circoscrizione Italia Meridionale (Abruzzo-Molise-Campania-Puglia-Basilicata-Calabria) vota Pittella, Pagano, Lavarra

Circoscrizione Italia Centrale (Toscana-Umbria-Marche-Lazio) vota Gualtieri, Marini, Laurelli

Circoscrizione Italia Nord-Orientale (Veneto-Trentino alto Adige-Friuli Venezia Giulia-Emilia Romagna) vota Vecchi

Circoscrizione Italia Nord-Occidentale (Piemonte-Lombardia-Liguria-Valle D'Aosta) vota Panzeri
Circoscrizione Italia Insulare (Sicilia-Sardegna) vota Tripi

P.S. Ricordo a tutti che, contrariamente alle vecchie disposizioni, quest'anno la nuova normativa prevede che si possano esprimere massimo tre (3) preferenze per ogni circoscrizione, anche se alcuni siti istituzionali ancora non hanno aggiornato le loro indicazioni.

mercoledì 20 maggio 2009

Breve intervista

A margine dei lavori dell'Assemblea plenaria del CGIE (14/04/2009) sono stato intervistato al Ministero degli esteri da Barbara Laurenzi, di Italia chiama Italia, sull'operato del Governo verso gli italiani all'estero.
Chi ha voglia e pazienza di leggere la breve intervista può cliccare qui.

Rilanciare il rapporto con le comunità italiane all'estero

Oggi mi ha inviato la sua lettera aperta agli italiani all'estero Gianni Pittella, candidato alle elezioni europee nella lista del Partito Democratico nella Circoscrizione Sud.
Come Luciano Vecchi, conosco molto bene anche Gianni, con il quale ho lavorato per molti anni e con il quale ho condiviso, insieme anche a Norberto Lombardi e Antonella Orlacchio, la bellissima esperienza delle prime elezioni politiche tra gli italiani all'estero del 2006. Elezioni che tutti immaginavano come il trionfo di Tremaglia, ma che hanno palesato la schiacciante vittoria della Sinistra all'estero: molto è stato allora merito di Gianni.
Allora Gianni era già parlamentare europeo, ruolo che svolgeva, come fa ancora oggi, con grande passione, impegno e competenza, senza farsi distrarre dalle sirene della politica nazionale e sempre con uno sguardo attento alle questioni che riguardano gli italiani all'estero.
Credo, quindi, che per il lavoro fatto e per quello che dovrà ancora fare verso i nostri connazionali in Europa, anche a lui debba andare la fiducia degli elettori che in Europa hanno scelto di votare per le liste italiane e che sono originari della Circoscrizione Sud.
Di seguito pubblico la lettera che mi ha inviato Gianni, che vi consiglio di leggere.


Lettera aperta ai cittadini italiani residenti in Europa
Di Gianni Pittella, Europarlamentare e Capogruppo PD nella delegazione italiana al PSE e candidato del PD alle elezioni europee nella circoscrizione Sud

Le elezioni del 6 e 7 giugno rappresentano un passaggio importante sia per l’Europa che per il futuro dell’Italia.
In palio c’è la possibilità di assegnare all’Europa un ruolo da protagonista nella politica globale in una fase in cui la comunità internazionale deve dare risposte forti, condivise e globali alla crisi economica mondiale che sta mettendo in ginocchio le economie nazionali.
Oggi, anche grazie all’atteggiamento e alle politiche americane del Presidente Obama, l’Unione Europea nel suo insieme può superare la politica di subalternità alle logiche e agli interessi dell’Amministrazione americana e rivendicare con orgoglio i valori della cooperazione, del dialogo, della democrazia, della tolleranza religiosa, che affondano nella migliore e antica tradizione europea.
D’altronde, se l’Unione Europea è forte e rivendica con orgoglio la propria identità, i propri mezzi e il proprio sistema politico, non potrà che essere oggi, con la nuova amministrazione americana, l’alleato più efficace e utile degli stessi Stati Uniti. La sonora sconfitta dei Repubblicani americani e l’ormai definitivo superamento della loro politica, ci confermano che solo un rinnovato e solido multilateralismo può garantire politiche di pace, prosperità ed equità economica globale.
Queste elezioni, quindi, sono importanti per l’Europa, per il mondo e per la stessa politica italiana.
Arrivano, infatti, nel pieno della crisi economica mondiale e dopo che il Governo della Destra non ha ancora fatto nulla di significativo per contrastarla.
La nostra economia, a causa di questa mancanza di interventi efficaci, riporta i peggiori dati degli ultimi trent’anni: cosa che non è successa in nessun Paese europeo. Si continua, dunque, a perdere posti di lavoro (soprattutto tra i giovani e le persone di mezza età), a veder precipitare il potere d’acquisto delle famiglie e a non riuscire a tutelare e dare assistenza agli anziani e ai pensionati.
Solo gli interessi personali del Premier sono stati tutelati.

Certo, il voto europeo non è un voto contro questo Governo, ma l’esito delle elezioni europee dovrà servire anche per evidenziare le carenze di questo esecutivo e spingerlo a fare di più, soprattutto per quegli italiani all’estero che nell’ultima Finanziaria sono stati i più penalizzati dai tagli ai loro capitoli, soprattutto assistenza e lingua e cultura, fino a vedersi negare persino il voto per il rinnovo dei Comites e del CGIE: quel CGIE, invece, che negli ultimi anni ha fatto un ottimo lavoro verso le nostre comunità soprattutto per e con i giovani italiani nel mondo.
Il Partito Democratico, inoltre, si presenta a queste elezioni come una grande novità della politica italiana. Come un partito sintesi delle grandi tradizioni democratiche, riformiste e progressiste italiane: la naturale evoluzione della lista unitaria presentatasi nel 2004. Un novità che ha già modificato concretamente il sistema politico italiano e che porterà grandi novità anche nelle famiglie socialiste, progressiste e democratiche europee, con le quali già lavora attivamente.
Se questo sforzo sarà premiato, come io credo accadrà, anche dagli italiani all’estero, che vivono quotidianamente la realtà europea e una politica di contenuti, stabilità e semplificazione politica, avremo la conferma che la strada intrapresa dal PD è giusta, che abbiamo fatto bene a privilegiare gli interessi comuni rispetto alle convenienze di parte.
Infine, penso vada ribadito che queste elezioni hanno una particolare importanza anche per tutti gli italiani che vivono in Europa.

In passato, da responsabile di partito per gli italiani all’estero e come parlamentare europeo, ho spesso ricordato in più sedi il notevole e qualitativo contributo che le comunità italiane all’estero hanno dato all’immagine dell’Italia in Europa e nel mondo.
Ho ripetutamente criticato come a lungo vi sia stata una scarsa attenzione delle nostre istituzioni a queste comunità. Con i vari Governi di centrosinistra abbiamo ottenuto grandi risultati verso questo mondo: dalla modifica costituzionale che ha introdotto la Circoscrizione estero con i primi governi de l’Ulivo, all’aumento di risorse con l’ultima Finanziaria del Governo Prodi. Ma non abbiamo certo finito, anche perché i pesanti tagli dell’ultima Finanziaria del Governo Berlusconi hanno interrotto un cammino positivo nella valorizzazione delle nostre comunità e messo pericolosamente a rischio il rapporto tra di esse e l’Italia, incrinando anche la fiducia dei nostri connazionali nel mondo verso il proprio Paese d’origine.
Nostro compito, anche e soprattutto in Europa, diventa oggi, quindi, quello di dare nuova fiducia agli italiani all’estero e metterli nelle condizione di risentirsi ancora parte di una comunità e di un paese.

Dalle nostre comunità deve tornare, soprattutto ora che gli sbarchi e i rimpatri nel nostro Paese ci ricordano i problemi dell’emigrazione e dell’integrazione, un monito e una lezione a non avere paura dell’altro, del diverso, dell’immigrato.
Anche in queste nuove politiche di civiltà il segnale che arriverà dal voto degli italiani in Europa servirà a consolidare quella rinnovata sintesi tra i valori che hanno ispirato e mosso la nascita del Partito Democratico e a rilanciare il rapporto con le comunità italiane all’estero che rappresentano un grande patrimonio di cultura, esperienza, solidarietà e competenza.
Per tutti questi motivi chiedo a voi e a tutti gli italiani in Europa che riuscirete a raggiungere e che hanno optato per votare le liste italiane, un voto per il Partito Democratico e per la mia persona nella Circoscrizione Sud (Abruzzo, Campania, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria). Un voto che mi consenta di continuare a sostenere queste politiche come ho fatto negli anni passati al partito e nel Parlamento europeo. In questi anni ho creduto e operato in favore delle comunità italiane all’estero. Spero quindi che oggi vogliate confermarmi la vostra fiducia per continuare a farlo con sempre maggiore slancio e partecipazione.

Grazie a tutti
Gianni Pittella

lunedì 18 maggio 2009

Le persone prima di tutto

Alle elezioni europee è candidato nella lista del Partito Democratico Luciano Vecchi (Circoscrizione Nord-Orientale).
Conosco bene Luciano da molti anni e ho avuto modo di apprezzare il lavoro da lui fatto con grande competenza, costanza e serietà al partito e in sede europea sulle questioni internazionali, riuscendo sempre a intrecciarle con quelle degli gli italiani all'estero, che pure ha seguito direttamente in passato come Responsabile per le politiche estere dei DS. Per questo ti chiedo di leggere la lettera che ha inviato agli italiani in Europa e, se sei originario del Nord-Est, dare a lui un tuo voto di preferenza.


Cari amici,
sono Candidato alle elezioni europee nella lista del Partito Democratico, nella circoscrizione “Italia Nord-orientale”, che comprende Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Ho dedicato gran parte della mia attività politica per affermare i diritti degli italiani residenti nei Paesi dell’Unione Europea e del mondo.

Come Deputato al Parlamento Europeo (1989-1999), da responsabile esteri dei DS (fino al 2007) e poi da coordinatore del dipartimento internazionale del Partito Democratico sono stato costantemente in rapporto con le nostre comunità italiane nel mondo e mi sono impegnato a rappresentare le loro istanze e aspirazioni.
È un impegno che intendo continuare a svolgere se, grazie anche al vostro sostegno, verrò eletto al Parlamento Europeo nelle prossime elezioni europee.

Potrete trovare notizie sulla mia attività e le mie proposte sul sito internet http://www.lucianovecchi.eu/
Mi permetto di indicarvi di seguito alcune idee e proposte sugli italiani in Europa.
Sperando di potere godere del vostro sostegno, vi formulo i più fraterni saluti.

On. Luciano Vecchi
Coordinatore internazionale del Partito Democratico
Membro della Presidenza del Partito del Socialismo Europeo
Candidato alle elezioni europee Italia Nord-est

*****

Il PD per l’Europa
Con l’innovativa esperienza politica del Partito Democratico, grandi tradizioni riformatrici, progressiste e democratiche, si uniscono per un’Italia e un’Europa di pace e giustizia, per una stagione di diritti e opportunità.
Il Partito Democratico rappresenta infatti il vero fatto nuovo della politica in Italia e un’esperienza originale nel Parlamento europeo. Vuole sviluppare la partecipazione democratica, avviare concretamente una profonda svolta in Italia e nel Continente.
Lavoriamo per arrivare a una cittadinanza europea in grado di riconoscere a pieno i diritti sociali e civili per i quali i migranti nei paesi dell’Unione si stanno battendo da decenni, senza differenze tra immigrati comunitari o extracomunitari.
Insieme alle forze socialiste, progressiste e democratiche europee possiamo fare dell’Europa un protagonista di pace, di incontro di religioni e culture diverse e un laboratorio di giustizia sociale proprio in un periodo di grave crisi economica mondiale.

Il mio impegno per gli italiani in Europa
Sono molti gli italiani che vivono nei diversi paesi europei: pensionati, lavoratori, ricercatori, studenti. E diversi sono i loro problemi.
In alcune realtà continentali ancora oggi i cittadini italiani, anche se nati in loco, subiscono le pratiche di espulsione quando hanno problemi con la giustizia.
I figli dei nostri connazionali spesso vengono collocati nelle scuole differenziali, vedendosi costretti alla sola prospettiva del lavoro manuale.
Il loro legame e rapporto con l’Italia rischia sempre di più di sfilacciarsi, mentre io penso vada mantenuto e valorizzato.
Sono poi molti gli italiani in Europa che, in un periodo di crisi economica come quello che stiamo attraversando, oggi hanno sono rimasti senza lavoro, ed essendo spesso persone di mezza età hanno difficoltà a ritrovarlo. Gran parte degli anziani e pensionati ha visto precipitare i propri standard di vita e i propri diritti all’assistenza.
Per questo penso ci sia bisogno di un sostegno maggiore e di una più forte protezione sociale che evitino di lasciar sole queste categoria di italiani utili sia all’Italia che all’Europa.

Come parlamentare del Partito Democratico seguirò con attenzione queste situazioni e mi impegnerò a fondo per trovare le soluzioni migliori.
Non sottovaluto mai che dall’Italia, nell’ultimo secolo, sono partiti per l’Europa milioni di nostri concittadini. Conosco bene l’importanza che essi hanno avuto per l’Italia in passato e quella di avere ancora oggi circa due milioni di nostri connazionali all’interno dei paesi dell’Unione.
La storia dell’emigrazione italiana, purtroppo ricca anche di tragedie (l’affondamento della nave Sirio, Marcinelle, Monongah, Mattmark e tante altre), è un monito al fatto che l’Italia e l’Europa, da terre di emigrazione, si sono trasformate in luoghi di immigrazione.

Nelle scorse legislature, il Centrosinistra al governo in Italia ha già realizzato la modifica della Costituzione, introdotto la Circoscrizione estero e il voto per corrispondenza, organizzata la prima Conferenza degli italiani nel mondo, il primo incontro dei Parlamentari di origine italiana, ha recuperato risorse importanti a sostegno delle esigenze delle nostre comunità, dell’assistenza e della diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo, purtroppo vanificate e annullate dall’ultima Finanziaria del Governo Berlusconi.
Un impegno, il nostro, che si è concretizzato anche in Europa nelle passate legislature: oggi, infatti, grazie all'iniziativa dei nostri parlamentari europei, molte risorse del fondo sociale vengono dirottate a un partenariato economico tra gli enti locali italiani e le nostre comunità all’estero.

Ma nella prossima legislatura dovremo ancora potenziare l’attività di scolarizzazione dei discendenti degli italiani all’estero mediante l’insegnamento della lingua e della cultura italiana. Anche come strumento di sostegno per l’apprendimento delle lingue locali.

Dovremo impegnarci per eliminare lo strumento illegittimo di espulsione degli italiani ancora praticato in alcune realtà europee, nonostante esso contrasti con i principi fondanti dell’Unione. Occorrerà, in attesa dell’istituzione della cittadinanza europea a cui guardiamo come traguardo del nostro percorso, operare perché gli Stati membri che ancora non l’hanno fatto, riconoscano la possibilità di avere la doppia cittadinanza a coloro che ne hanno i requisiti.
Dovremo sviluppare programmi comunitari a sostegno delle iniziative di accoglienza di giovani italiani dell’Unione nelle loro regioni e città di origine e quelli che mirano a un’opera costante di formazione e riqualificazione professionale.

Diverrà prioritario anche ricostituire una base di sicurezza e ammortizzatori sociali che sappia guardare anche alla mobilità di cittadini, lavoratori, ricercatori e migranti nei paesi dell’UE, insieme a un chiaro sistema di norme a sostegno della piena integrazione multietncia, multiculturale e multireligiosa.

Dovremo operarci per creare un sistema di raccordo organico tra le istituzioni comunitarie e le regioni su programmi ad hoc che contemplino anche la questione del ritorno dei migranti nel Paese d’origine.
Sarà anche necessario creare le condizioni per avere un’omogeneità nell’esercizio dei diritti politici nei paesi di residenza (sia al livello locale che regionale e nazionale) e allargare la partecipazione anche agli immigrati extracomunitari.

Io, naturalmente, mi impegnerò in questa direzione anche con una campagna di informazione tendente a evidenziare l’importante ruolo dei migranti e degli italiani all’estero come risorsa strategica per le economie italiana ed europea.

Luciano Vecchi

venerdì 15 maggio 2009

Quando l'Istituzione chiama...

Al CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero) è stato presentato un Odg che denuncia con forza le politiche disastrose del Governo Berlusconi verso gli italiani all'estero e che, in sostanza, chiede le dimissioni del Sottosegretario Mantica, titolare della delega governativa su queste questioni. Hanno firmato questo Odg numerosi consiglieri, anche di centrodestra: un atto bipartisan, dunque.
Si tratta, quindi, di un atto molto forte e meditato, di un documento istituzionale di cui non si può far finta che non esista. Quando l'Istituzione chiama, quindi, il Sottosegretario dovrebbe rispondere...

Di seguito il testo:
"Il Cgie, ascoltata la relazione del Sottosegretario Mantica, esprime la sua profonda insoddisfazione per un’impostazione di fondo ispirata ad un senso di fastidio per la realtà degli italiani nel mondo che si esplicita in insofferenza verso i Comites e il CGIE e nella volontà di tornare ad una situazione antecedente alla grande conquista degli organismi di rappresentanza delle comunità all’estero.
Per il Sen. Alfredo Mantica la realtà degli italiani all’estero è caratterizzata da assistenzialismo e conservatorismo, con attività che sprecano o mal utilizzano le risorse pubbliche ad essi destinate. Il Cgie auspica pertanto un diverso atteggiamento da parte di chi – per lo meno per dovere istituzionale – dovrebbe avere a cuore le sorti dei connazionali all’estero e adoperarsi per affrontare e risolvere i loro veri problemi. Qualora il Sottosegretario Mantica dovesse sottrarsi ad un doveroso chiarimento, il Cgie chiede che ne tragga le conseguenze rinunciando alla delega per gli italiani all’estero. A tal fine il Cgie chiede al Ministro Frattini di intervenire per favorire questi chiarimenti".

mercoledì 15 aprile 2009

Personcine poco adatte

Il Vaticano ha rifiutato Caroline Kennedy, figlia del famoso presidente JFK, come ambasciatrice presso la Santa sede.
Caroline è cresciuta in una famiglia cattolica, ha ricevuto la propria educazione nel Collegio del Sacro Cuore in Massachusetts e il padre è stato l'unico presidente cattolico degli USA. Sembrava un ottimo profilo eppure... non è gradita in Vaticano.

Forse perché troppo liberal, o perché favorevole alla libera scelta delle persone sulle staminali, sull'eutanasia e l'aborto. Fatto sta che la Curia, sollecitata dall’episcopato americano in cattivi rapporti con i credenti «pro choice» su aborto, staminali ed eutanasia, ha riservatamente negato il suo ok a Caroline. Una decisione a senso unico, naturalmente, visto che le convenzioni diplomatiche non richiedono spiegazioni ufficiali.

Dunque Caroline non sarà ambasciatrice USA in Vaticano, perché troppo liberal, dunque perché "non è la persona adatta a dialogare con la Chiesa sulle questioni eticamente sensibili". Un problema che, per fortuna, non corrono sicuramente gli ambasciatori di Siria, Cina, Colombia e Iran, tutti presenti in Vaticano e, probabilmente, persone più adatte "a dialogare con la Chiesa sulle questioni eticamente sensibili"...

lunedì 6 aprile 2009

Risorse e libertà per la ricerca

Ieri, ad Amsterdam, ho partecipato al convegno "Il lavoro, la ricerca e l'industria in Italia: torneremo mai a casa?". All'incontro erano presenti l'on. Laura Garavini, Francesco Cerisoli, Interna Technologies - Utrecht (NL), Mauro degli Esposti, Università di Manchester (GB), Paolo Bonaretti, Direttore Generale consorzio ASTER (IT), Marcello Battistig, segretario circolo PD di Delft.
Il dibattito è stato molto stimolante e con interventi ricchi e molto documentati. A me è toccato l'intervento conclusivo, nel quale ho detto pressapoco quanto segue.

Non dico nulla di nuovo se ricordo che il metodo scientifico moderno è nato in Italia nel XVII secolo. Con Galileo Galilei.
Ma fu solo nel secolo successivo che riuscì ad affermarsi grazie a un certo numero di grandi menti formatesi nelle diverse università europee. San Pietroburgo, Parigi, Londra, Bologna.
La loro influenza si diffuse rapidamente nel Vecchio continente, nonostante le barriere (geografiche, politiche e culturali) di allora fossero certamente più importanti di quelle odierne, e che ugualmente, non riuscirono a fermare quelle giovani menti.
Si ponevano, in quei secoli lontani, insospettabilmente, le basi di una lungimirante “cooperazione” internazionale, antica almeno quanto la scienza moderna.

Nel XIX secolo, con l’industrializzazione, si rafforzò il legame e l’interazione tra scienza e mondo produttivo.
Il secondo conflitto mondiale, rivelò a tutti finalmente il ruolo strategico che la scienza può svolgere per lo sviluppo industriale, per le applicazioni militari e civili.
Da lì parte la rapida e travolgente corsa degli Stati Uniti ai finanziamenti alla ricerca (gli USA da soli coprivano il cinquanta per cento degli investimenti totali del pianeta nel settore ricerca) che, insieme all’estrema libertà di interazione e alla grande mobilità degli scienziati, fanno sì che la ricerca americana giochi da subito, e per lungo tempo, un ruolo egemone e di leadership a livello globale.

Ma, negli stessi anni, in Europa si fa avanti un nuovo e, per quei tempi, rivoluzionario modo di fare ricerca.
Nell’Europa degli stati nazionali, grazie alla tradizione iniziata, come ho detto, nel XVII secolo e alla lungimiranza di qualcuno, comincia un movimento di internazionalizzazione istituzionale della cooperazione scientifica.
Nel breve volgere di qualche anno vedono la luce il CERN (1954), che oggi finanzia le ricerche di circa 5.000 scienziati, e l’EURATOM (1957), con lo scopo di coordinare i programmi di ricerca sull’energia nucleare a livello continentale.

In queste organizzazioni troviamo i germi di una visione che troverà la sua espressione più compiuta nel trattato di Maastricht, nella creazione dell’eurozona, nel trattato di Schengen. Tutti strumenti sovranazionali che hanno sostenuto e dato linfa a quella iniziale intuizione e hanno fatto sì che il CERN diventasse la punta di diamante della ricerca scientifica del Pianeta. (ecco, se mi è consentita una breve parentesi polemica, dirò che qualcuno dovrebbe assumere l’impegno morale di avvertire la nostra ministra Gelmini che, come narrano le cronache, invitata all’inaugurazione di un nuovo acceleratore di particelle al CERN di Ginevra, avrebbe chiesto “che cosa è il CERN?”, decidendo poi di non presenziare all’evento. Sia detto sempre per inciso: il governo italiano risultò il solo, tra i 12 paesi che a quel progetto hanno preso parte, a negare la propria presenza all’inaugurazione).

Al CERN, poi, partecipano come paesi osservatori, tra gli altri, Stati Uniti, Canada, Russia e Israele.
Si tratta dunque di un sistema di cooperazione scientifica su scala globale che cresce progressivamente e che rappresenta il presupposto necessario alla pace e al progresso di una sempre maggiore fetta della popolazione del pianeta.

L’internazionalizzazione e la cooperazione nella ricerca portano a un sapere diffuso e mescolato, non concentrato in pochi paesi. E d'altronde, il sapere e la scienza o sono liberi o non sono. Come con grande preveggenza recita la Costituzione italiana (art. 33).

Ho cercato di ripercorrere in pochi minuti un cammino lungo e fecondo che traccia, brevemente, un profilo internazionale della ricerca.
Nessuno, oggi più che mai, può permettersi di abbandonare questo sentiero di crescita, sviluppo e pace.
E che questa sia la strada giusta ce lo dimostra il G20 di questi giorni a Londra, dove le risposte alla tremenda crisi globale sono cercate (e trovate) nel dialogo internazionale e nella creazione di istituzioni, strumenti e regole globali.

Governi e istituzioni devono dunque battere la strada internazionale con sempre maggiore determinazione, moltiplicando risorse ed energie, cooperazioni e collaborazioni.
Rafforzando gli strumenti esistenti e affiancando a questi nuovi strumenti aperti, plurali, capaci di produrre mobilità internazionale dello studio e degli studiosi.

Dunque accrescere il volume dei finanziamenti.
È persino banale ricordarlo in questa sede: (è infatti forte l’esigenza di condividere gli ingenti investimenti necessari alla nascita di laboratori su larga scala).

Ma sbaglierebbe chi sottovalutasse un altro elemento determinante: il fattore umano!
Il progresso nella ricerca si genera soprattutto grazie a mutazioni improvvise dovute a progressi concettuali (nuove idee, insomma).

Senza questo volano straordinario e potentissimo gli investimenti, per quanto cospicui, non basterebbero. E’ per questo che quando si individua il merito lo si deve premiare, valorizzare e fidelizzare.

Infine occorre tener presente l’interfaccia fra discipline.
Un certo numero di scienziati in materie affini che lavorano in raccordo tra di loro generano progressi molto più ampi e rapidi di quanti possa generarne lo stesso numero di scienziati che lavorano separatamente e isolati gli uni dagli altri.

Se ne conclude agevolmente, dunque, viste le enormi e diverse dimensioni del sapere scientifico contemporaneo e globale, che il modo migliore per mettere in rete le menti eccelse e il sapere scientifico, per creare interfacce e mescolanze, sia quella sorta di melting pot che si ottiene solo con la collaborazione internazionale.

Controprova di quanto appena detto è l’esempio degli USA, dove la scienza si è nutrita proprio della mescolanza interna che affonda le proprie radici già nell’immigrazione dei secoli scorsi da ogni luogo del mondo e poi nel fatto che quel Paese sia stato, nel periodo nel nazifascismo, delle persecuzioni politiche e delle leggi razziali, rifugio e approdo di molti scienziati europei.

Da tempo noi abbiamo dunque stabilito profondi contatti e collaborazioni fra Europa e Stati Uniti nel campo della ricerca.
Ma recentemente si sono affacciati con prepotenza, sulla scena globale della ricerca, realtà come il Giappone, l’India e la Cina.
Gli ultimi due, soprattutto, hanno la necessità impellente di elevare i propri standard di vita, oltre che di assumere una posizione influente sulla scena economica mondiale.
Risultati che cercano di raggiungere attraverso una dimensione ossessiva per la produttività e l’efficienza.
Anche a discapito di altre dimensioni, altrettanto importanti: la qualità e l’estetica.

Essi si concentrano sul “produrre di più e a prezzi più bassi”.
Noi sappiamo, invece, che per il futuro nostro e delle nuove generazioni che abiteranno il mondo, dovremo saper cogliere le differenza di qualità e quella tra brutto e bello.
Dobbiamo saper riscoprire e far comprendere a tutti quella filosofia delle grandi civiltà classiche di cui siamo permeati, soprattutto noi italiani ed europei.
Che poi è anche il motivo principale per cui siamo apprezzati nel mondo.

È dunque attraverso legami solidi a livello globale, attraverso la creazione di un mondo internazionalizzato e di strutture realmente sovranazionali, le cui attività scientifiche civili si fondino sulla cooperazione e su quella filosofia appena accennata, che riusciremo a ridisegnare pacificamente e su basi qualitative lo scenario globale del nostro secolo.

Questi nuovi scenari, però, con le disparità che producono tra singoli paesi e macro regioni o continenti, implicano più che mai una rinnovata cooperazione scientifica internazionale, più estesa e meglio strutturata.

Come si colloca, dunque, l’Italia, in questo panorama internazionale?
Quali i suoi strumenti? Le sue risorse? Il suo capitale umano?
Quale il suo contributo generale?
E soprattutto come forma, valorizza, mantiene o attira ricerca e ricercatori in Italia e dal mondo, italiani e stranieri che siano?

Gli interventi che mi hanno preceduto hanno disegnato bene e meglio di come potrei fare io il quadro del nostro Paese.
Mi limito, dunque, a sottolineare alcuni elementi già egregiamente sviluppati per provare a dire quale, a mio avviso, dovrebbe essere la direzione che l’Italia deve prendere per stare nel contesto internazionale della ricerca.
Perché sono convinto che non può prescindere da quel contesto.

Chiariamo subito, dunque, che andare all’estero non è, né deve essere un disonore per i cervelli italiani.
E nella cosiddetta fuga dei cervelli, se dobbiamo cercare un aspetto positivo, lo troviamo nel fatto che essa, paradossalmente, dimostra che l’Italia gode certamente di un buon sistema generale di formazione.
Dalle scuole dell’obbligo all’università.
Un sistema competitivo che genera risorse umane notevoli e apprezzate nel campo scientifico anche all’estero.

La ricerca, abbiamo visto, si sviluppa soprattutto in un ambito internazionale: è fisiologico quindi che anche i nostri ricercatori partano e si muovano all’estero.
Il problema, quindi, sta nella mancanza di un riequilibrio tra quanti partono dall’Italia (troppi e troppo spesso perché senza alternativa) e quanti arrivano in Italia.
E su questo riequilibrio che si misura il successo di una qualsiasi riforma della ricerca nel nostro paese, poiché la cultura scientifica aumenta se il flusso di scienziati in entrata e in uscita è costante, intenso e bidirezionale.
E non mi pare che la riforma Gelmini stia producendo risultati in questo senso né i primi segnali in nostro possesso ci dicono li produrrà mai.

Anzi gli elementi a nostra disposizione indicano come essa intacchi anche i livelli primari e secondari dell’istruzione e della formazione, che abbiamo appena detto essere stata, invece, la nostra unica forza fino a oggi nel formare i cervelli.

Formazione e ricerca, dunque, forniscono sapere: un bene immateriale difficilmente valutabile in termini economici e quantitativi.Soprattutto se consideriamo l’impatto del sapere sulla realtà sociale di un paese.In questo senso, quindi, le scelte di “bilancio” che spesso sono state operate nel nostro Paese (ultime in ordine di tempo e prime in ordine di grandezza quelle della riforma Gelmini), sono da considerare deleterie, in quanto formazione e ricerca (dunque sapere) sono stati considerati dal Governo, tra gli impegni finanziari, come “spesa” e non come “investimento”.

Una differenza che mi sento di sottolineare con forza: spesa o investimento.
Questa differenza, non solo terminologica quanto concettuale e programmatica, evidenzia una mancanza di sensibilità del Governo nei confronti della ricerca che contrasta non solo con la nostra Costituzione, ma anche con le strategie europee. A livello UE, infatti, si “investe” su ricerca e innovazione quali elementi portanti del continente.

Il sapere diviene obiettivo strategico dell’UE, tanto che la strategia di Lisbona ci dice che: “entro il 2010 [l’UE deve] diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.

Non solo parole o dichiarazioni di intenti non quantificabili, ma risorse indicate nell’impegno a dedicare alla ricerca almeno il 3% del PIL entro il 2010.
Cioè entro il prossimo anno.
Se questa è la strategia europea, noi che da Spinelli in poi siamo tra i padri di questa Europa , entro le Alpi scontiamo un grave ritardo:
in termini di investimenti destiniamo all'istruzione universitaria solo lo 0,78% del PIL, mentre a ricerca e sviluppo, tra risorse pubbliche e private, l’1,10%.
E pensare che la Svezia, in tempi di crisi come quelli attuali, ha deciso di raggiungere il 4%, proprio a dimostrazione che di investimento e non di spesa si tratta.

In termini di risorse umane, poi, vantiamo la più bassa percentuale di ricercatori nell’industria, nell’università e nei centri di ricerca che in Italia sono la metà della media europea e un terzo di quella USA.
Un Paese che investe queste cifre esigue, tra l’altro considerandole spese, non può essere scientificamente competitivo né attirare a sé o trattenere i suoi ricercatori migliori.
Quindi non può produrre progresso, benessere e ricchezza nel medio-lungo periodo.

La competitività dell’Italia si basava in passato sul basso costo del lavoro e sulla svalutazione continua della lira. Oggi non possiamo contare su nessuno dei due aspetti (la concorrenza sul costo del lavoro dei Paesi del Terzo Mondo è imbattibile e l'Euro è la stessa moneta dei nostri principali competitori europei ed è forte anche rispetto al dollaro e allo yen).

Di questo passo, quindi, l’Italia sarà sempre meno competitiva nei settori economici di punta del mondo contemporaneo, a cominciare dall’hi-tech, strettamente legato agli investimenti in ricerca e sviluppo e al numero di scienziati e ingegneri che vi lavorano.
L'Università italiana forma quindi giovani ricercatori che poi, insieme agli Enti pubblici di ricerca e all'industria privata non riesce ad assorbire.
Essi vanno all'estero e contribuiscono, a nostre spese, allo sviluppo dei Paesi competitori.

All'estero si fanno dunque nuove scoperte, nuovi brevetti.
L'Italia, invece, da sempre popolo di inventori, non occupa più le prime posizioni in numero di brevetti registrati.
Ciò implica che per utilizzare le nuove scoperte, il know how, le nuove invenzioni, magari fatte anceh da ricercatori italiani, deve acquistarle e pagarle care.
Questo sistema, dunque, non può reggere. Non aiuta l'Italia e la nostra ricerca interna.

Troppe difficoltà, per le quali non riusciamo a creare lavoro con la ricerca né a mantenere in patria i ricercatori né ad attrarne altri stranieri.
Come non riusciamo nemmeno ad attrarre in Italia studenti Erasmus.
Anche qui, infatti, il confronto tra quanti italiani fanno un'esperienza di studio all'estero e quanti stranieri la facciano in Italia è disarmante.

In una parola: non cresciamo.

Dunque dobbiamo rivedere il sistema Italia.
Il sistema nel suo complesso: Università, istituzioni pubbliche, istituzioni private e non profit, imprese.

E' propio in questo sistema, infatti, che si fa ricerca e sviluppo nel nostro Paese. Ed è qui che si investono le risorse, secondo una distribuzione che vede al primo posto per investimenti le imprese, seguite dall'Università, dalle istituzioni publiche e, infine, da quelle private e non profit.

Il tutto però, con investimenti complessivi molto al di sotto di quelli raccomandati, in termini percentuali, dalla Commissione europea, soprattutto per ciò che concerne la ricerca privata.

Come si esce, dunque, da questa situazione complessiva, sapendo che seppur è primario l'aumento di investimenti esso non è risoluitvo?
Come si attirano e mantengono ricerca e ricercatori italiani (e stranieri) nel nostro paese?
Come si fa ricerca?

Siccome il problema viene da lontano, i tentativi in questa direzione vanno molto in là negli anni e sono stati diversi, operati da diversi governi e schieramenti politici.
Ma nessuno è stato risolutivo.

Nel 2001 il Governo Amato tentò il programma "Rientro dei Cervelli".
Un impegno enorme per arginarne la fuga e offrire ottime possibilità di rientro con contratti a tempo pieno inizialmente di tre anni.

Anche il successivo Governo Berlusconi confermò quel programma, addirittura rilanciandolo, e scrivendo nei successivi decreti del 2003 e 2005 l'impegno a far si che i rientri fossero definitivi e che questi scienziati avrebbero trovato spazio nelle università italiane.
Ancora il Ministro Moratti, nel 2006, ribadì l'impegno alla stabilizzazione di chi era rientrato.
Impegni, dunque, autorevoli, sinceri e costosi (il programma costò 52 milioni di euro) che però si sono risolti con un nulla di fatto.

Poiché dopo otto anni, dei 460 scienziati faticosamente attirati in Italia, alla fine solo 50 hanno superato gli ostacoli del Consiglio Universitario Nazionale e solo 10 sono stati richiesti ufficialmente dalle università italiane. 10 su 460...

Non parliamo poi del tentativo dell'allora Ministro degli italiani nel mondo, Tremaglia, di costituire la corporazione degl scienziati italiani nel mondo nel 2003.
Un altro tentativo costoso nella fase organizzativa, nazionalista, settoriale e chiuso in senso scientifico, inefficace in termini concreti.
Tant'è che il Convegno a cui parteciparono con grande disponibilità moltissimi scienziati italiani di tutto il mondo si concluse con un semplice ordine del giorno che non trovò mai alcuna cittadinanza nemmeno all'interno del suo stesso Governo.

Ecco che al nostro Paese manca, dunque, insieme alle risorse, una visione strategica, prospettica e di lungo corso.
Manca un progetto complessivo, che partendo dalle risorse si inserisce in un contesto di strutture nazionali e sovranazionali.
In un ambito di investimento anche culturale e politico, di laicità e libertà, di separazione di carriere e interessi, di chi fa ricerca e chi trova i fondi, di meritocrazia e valutazioni oggettive.
Anche nel mondo della ricerca, dunque, va ritorvato un nuovo Umanesimo, in cui la Persona LIBERA (sia essa ricercatore o beneficiario della ricerca e delle soluzioni trovate) sia al centro del sistema, non condizionato da ideologie o religioni a cui non si senta esso stesso vincolato.

Per questo dicevo in precedenza che la ricerca o è libera o non è.
Allora mi chiedo come si fa a fare ricerca in Italia se in ogni settore viviamo il condizionamento restrittivo di qualche gerarchia o gruppo di potere?

Come si può mettere intorno ai ricercatori tutta una serie infinita di paletti, di vincoli, di difficoltà burocratiche spesso frutto di ideologie o interessi piuttosto che di buon senso?

Come si possono superare le crisi se nei diversi settori privati si preferisce ridurre costi e tagliare posti di lavoro (o evadere le tasse e far lavorare in nero) piuttosto che investire in ricerca di nuove tecnologie?

Come si fa a trovare nuove e più efficaci cure a malattie mortali se l'approccio della ricerca a queste soluzioni è condizionato da morali etiche o religiose?

Come possiamo guardare, dunque, alla libertà della ricerca attraverso programmi di lungo periodo e legiferare in questa direzione se parte importante della classe politica è condizionata dai dictat di settori intransigenti delle gerarchie ecclesiali?

Come possiamo dire a un ricercatore “vieni”, se è straniero, "torna", se italiano all’estero o "non partire" se poi non possiamo farlo ricercare liberamente sulle staminali?

Occorre dunque ripensare tutto il sistema Italia partendo dagli aspetti culturali, politici, civili ed economici naturalmente.
Occorre investire nelle università, ma occorre anche fare delle leggi che stimolino il mondo privato a investire di più in ricerca.

Occorre che queste leggi siano laiche e non siano condizionate dalle religioni né dalle lobbyes e dai gruppi di potere.
Occorre che si creino le condizioni per la mobilità orizzontale e verticale della ricerca.

Ecco. Questa, a mio avviso, deve essere la bussola del legislatore che voglia far tornare in Italia ricercatori italiani e non, che voglia produrre ricerca, sapere e progresso (progresso non solo sviluppo) nel nostro Paese da mettere a disposizione del benessere, della pace e della salute dell'umanità.

In questo senso sono indicative le parole che ha pronunciato il presidente Obama subito dopo il suo insediamento.
Quando ha detto che lui non potrà assicurare i risultati della ricerca attraverso le cellule staminali, ma che assicurerà certamente le condizioni e la libertà di poter ricercare queste soluzioni anche attraverso l'uso libero delle cellule staminali.

Un esempio concreto e particolare, che rivela però un metodo, una strategia e una visione complessa e complessiva del mondo della ricerca.

Quando sentiremo in Italia un qualsiasi Presidente del consiglio pronunciare parole così chiare e libere da ogni condizionamento ideologico, allora capiremo che qualcosa potrà cambiare e che i ricercatori potranno tornare nel nostro Paese perché ci saranno le condizioni per lavorare e lavorare con dignità e certezza.

Grazie a tutti.