giovedì 5 febbraio 2009

Le invasioni barbariche... e il metodo del PD

Molti ricorderanno quel grande film che è "Le invasioni barbariche". Io gli sono debitore di un’attenzione e una sensibilità nuove (per me) ad alcune tematiche etiche che riguardano la vita umana: il suo inizio e, soprattutto, il finire. Nel mio piccolo ho cercato di portare le riflessioni su questi temi anche dentro il dibattito politico del Partito Democratico. Sono infatti da sempre convinto che un grande partito popolare non debba sottrarsi al confronto (anche aspro) su questi nodi e trovare una - e una sola - linea politica riconoscibile e comprensibile.
Che ricordi, non c'è stata volta che non abbia affrontato questi argomenti cosciente del fatto che nessuno possiede la Verità. Ne sono convinto ancora di più oggi, mentre la vicenda Englaro tiene le prime pagine di tutti i giornali. E in merito a questa vicenda, penso abbia detto bene il Presidente della Camera Fini quando, contrariamente a quanto afferma impunemente e solennemente Gasparri, dice di invidiare "chi ha certezze", dato che lui ha "solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov'è il confine tra un essere vivente e un vegetale?".

Il Presidente Fini conclude affermando "che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta". Nel caso di chi è invece cosciente, questo diritto va alla singola persona che potrebbe, in un testamento biologico (come quello disegnato dal Senatore Marino nella sua proposta di legge), dichiarare anticipatamente le proprie volontà per quando non sarà più in grado di farlo.
Mi ha molto colpito l'intervista a Monsignor Casale che, in contrasto con le posizioni prevalenti oggi nella Chiesa (intesa come Istituzione, ovviamente, e non come comunità di credenti), afferma che "l'alimentazione e l'idratazione artificiali sono assimilabili a trattamenti medici. E se una cura non porta nessun beneficio può essere legittimamente interrotta". L’arcivescovo aggiunge che "alla fine anche Giovanni Paolo II ha richiesto di non insistere con interventi terapeutici inutili". Davvero, dunque, colpisce la disinvoltura con cui si piegano alle proprie esigenze (ideologiche, politiche, personali) principi presunti universali come la dignità e la libertà; concetti come la cura e l’accanimento terapeutico; il giudizio di ciò che è naturale (e dunque buono in sé) e artificiale (potenzialmente non buono).
Pierluigi Bersani, in una bella lettera al direttore di Repubblica, ha affermato qualche giorno fa che l'alimentazione "è una funzione umana da un milione di anni. L'alimentazione artificiale è una tecnica comparsa negli anni '60. Siamo consapevoli di che cosa può produrre la sottovalutazione di questo aspetto?".

Di fronte a queste argomentazioni è difficile continuare a sostenere che per Eluana si tratti di alimentazione e non di accanimento terapeutico.
Beppino Englaro, padre di Eluana, vive una tragedia inenarrabile: assistere alla morte più atroce (quella di chi ‘deve’, secondo natura, sopravviverci) dilatata e sospesa per diciassette anni. Della dignità, del coraggio e, persino, dell’eroismo di questo padre molto e magnificamente è stato scritto. Io, molto più umilmente, vorrei dire della testimonianza civile del cittadino Beppino Englaro.
Il nostro è il Paese nel quale il Presidente del Consiglio può candidamente affermare che se le tasse sono alte è giusto non pagarle, che se c'è disoccupazione conviene andare in cassa integrazione e trovarsi anche un lavoro in nero, che se si è precari bisogna sposare un milionario ecc. ecc. Il Paese delle scorciatoie, de "una mano lava l’altra" e via dicendo. Anche al signor Englaro una quindicina d’anni fa, quando s’era spenta – per la scienza – ogni possibilità di ritorno di Eluana alla vita, era stata offerta la pietosa scorciatoia: “la porti a casa…”. E invece Beppino ha scelto la via maestra delle leggi, delle regole e dei diritti sacrosanti della persona in uno Stato civile e democratico. Non so se avesse immaginato già allora quale calvario di dolore e oltraggio lo attendeva, però non si è tirato indietro. Ha sempre detto d’averlo fatto per sua figlia ed è certamente vero. Ma io dico che l’ha fatto ancora più per noi. Perché, comunque vada, nulla sarà più come prima.

Penso che di fronte a fatti e vicende che segnano così profondamente la storia di una comunità e di un Paese, un partito nato con le ambizioni del PD non possa rimanere silente o rifugiarsi nella libertà di coscienza. E questo non significa che chi nel PD non si riconoscerà nella posizione e nell'identità che ci saremo dati, non avrà spazio di espressione. Significa solo che chi guarda a noi saprà chi siamo, cosa e chi rappresentiamo e cosa intendiamo fare.
Il metodo giusto dovrebbe essere quello adottato in occasione della discussione sullo sbarramento alle europee e rilanciato l'altro ieri da Beppe Fioroni: "sulle questioni controverse si confrontino le posizioni interne e se non c'è una sintesi si voti, rompendo con gli unanimismi di facciata che poi vengono puntualmente smentiti". Stesso discorso si potrebbe fare sulla collocazione internazionale del Partito e su altro ancora.