venerdì 21 settembre 2007

Grillo, V-Day, e la bussola Guccini

In queste settimane impazza il ciclone Grillo e da mesi il libro La casta, due fenomeni legati da un filo conduttore: la rabbia verso la politica e i politici, accompagnata da un senso di delusione che rischia di far scivolare in quel qualunquismo del "Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera", come direbbe De Gregori.
Ho letto e pensato molto prima di farmi una idea: La casta, Grillo, il V-Day, le reazioni della politica, i giornali e le tv, il primo anno del Governo Prodi. Alla fine ho deciso di pubblicare alcune parti dell'intervista di oggi a Francesco Guccini sul quotidiano romano E-Polis. Penso possano farci un po' da bussola, che possano rappresentare una chiave di lettura utile per farci una idea di ciò che sta succedendo.

Pavana, Appennino pistoiese, regno di daini e castagni, l'eco del V-Day è arrivata sfumata. «Non abito più a Bologna da cinque anni. Ho osservato quello che è successo con distacco, pur trovando nelle idee di Grillo qualche aspetto interessante. La verità è che i cittadini si sentono semplicemente lontani dalla politica. Peggio: indignati. Per quanto mi riguarda sono perplesso: è difficile che mi senta entusiasta per queste cose». Francesco Guccini, sessantasette anni, si professa ancora un anarchico ma non si appassiona ai polveroni «pur riscontrando uno sfondo di ragionevolezza».
Ha lasciato senza nostalgia quella via Paolo Fabbri 43, scrive noir di successo e osserva con occhio annoiato tra le colline della terra dove è nato, il fenomeno-Grillo. Poeta, cantautore, venerdì prossimo all'Anfiteatro romano di Cagliari, dove l'ultima volta ha registrato un disco dal vivo, conclude il suo tour. Insignito dalla laurea honoris causa, da anni introdotto tra gli autori delle antologie scolastiche, unisce generazioni opposte. I suoi concerti sono platee di giovanissimi, nostalgici, fan attempati.
Come ha visto il popolo del V-Day?
Mi sono fatto un'immagine della bufera scoppiata a Bologna da lontano. Hanno partecipato all'incontro diverse persone che conosco: uno è un operaio di destra, mio amico con cui vado a pesca, di un paese qua vicino. Era là, in piazza. Poi c'è andata un'altra persona che stimo, un magistrato carissimo, di Sinistra, che ha anche parlato sul palco. Chiacchierare con loro mi ha dato un'idea di come il V-Day radunasse punti di vista distanti, come se il problema, e di conseguenza l'unico sentimento che li unisse, fosse soltanto la rabbia, l'indignazione, contro quella dannata casta, tanto per citare un libro che sta facendo faville.
Prima delle elezioni aveva dichiarato il suo voto, si mostrava fiducioso. Aveva detto: “voto a Sinsitra. Convinto”.
Lo sono anche adesso. Le mie idee non cambiano. Dico soltanto che la situazione è migliore rispetto a quella che c'era con il Governo precedente.
Pallida consolazione.
Io non riesco a dimenticarlo. E poi non mi pare che tutto quello che è stato fatto fino adesso sia sbagliato, per il resto si può sempre migliorare.
Sto a guardare alla finestra l'arrivo del Partito Democratico, sulle cui basi di partenza sto ancora riflettendo.
[...]
Nel 76 è uscito il suo primo album. Da quarant’anni il pubblico viene a sentire gli stessi pezzi.
È il potere delle canzoni. Chi mi viene a sentire sa cosa succede ai miei concerti: apro e chiudo sempre come da manuale. E un pezzo come Auschwitz in un concerto è quasi obbligatorio, le persone chiedono quelle parole. Poi però cerco di proporre nuove canzoni, in scaletta sicuramente c'è Su in collina, che ancora non tutto il pubblico conosce.
In una sua vecchia canzone “Parole” ce l’ha col depauperamento del linguaggio. “Voltaire – diceva – non ci ha insegnato niente”.
Ho letto l'altro giorno un pezzo di Michele Serra su Repubblica che parlava di questo: le parole come suoni inermi, materassi svuotati. Credo però che chi accusa a volte è responsabile di questo.
Quel pezzo, tanti anni fa, anticipava “il gran tango dei mass media”, che poi ha aumentato le sue dimensioni in questi ultimi tempi. I vocaboli sono tanti: i giornali, le tv ne scelgono alcuni, li sfruttano, ce li rilanciano, li ripetono fino alla nausea, poi d'un tratto, li aboliscono.