Le cose che ho detto all'Assemblea della Circoscrizione estero di venerdì scorso. Buona lettrura.
Carissimi,
grazie a tutti per aver fatto lo sforzo di essere qui, oggi.
La preparazione di questa
Assemblea nazionale, infatti, sia nei contenuti che nella logistica, è stata particolarmente sofferta e fino a pochi giorni fa era incerto se si facesse oppure no.
Anche per questo motivo, alcuni delegati dall’estero, come molti dall’Italia, non sono riusciti a essere presenti.
Quindi ancor di più voglio ringraziarvi per lo sforzo fatto, come voglio ringraziare Adriana e, in modo particolare per questa Assemblea, Alessandra che, nelle difficili condizioni di questi giorni, ha dovuto moltiplicare gli sforzi per assicurare questa riunione.
E voglio ringraziare
Paolo e Monica, che oggi presiederanno l’Assemblea da soli, senza la
Presidente Biagini che si trovava nell’impossibilità di essere qui e che ha dato comunque il suo contributo nei giorni precedenti.
Per me è difficile oggi fare una relazione e parlare delle questioni che ci stanno più a cuore.
Perché siamo in una fase politica molto particolare:
siamo costretti dalle congiunture economiche, storiche e politiche, a sostenere con lealtà e coerenza, un Governo di cui non facciamo parte e che, su molte cose, compie scelte ben diverse da quelle che compiremmo noi se governassimo – come ha ricordato oggi Franceschini su l’Unità – e che sono frutto anche del sostegno determinante del PDL.
Questo ci porta spesso, per senso di responsabilità (e scusate se uso una frase ormai inflazionata, ma vera), ha dover accettare, sostenere e votare in Parlamento, provvedimenti verso i quali siamo particolarmente critici e che non avremmo accettato se a governare fosse stato Berlusconi.
È il prezzo più alto che paghiamo proprio alle scelte disastrose e scellerate operate nei quattro anni passati proprio da Berlusconi e al fatto che poi si sia dimesso, lasciando spazio a un nuovo
Governo di emergenza che ha il compito di avviare la ricostruzione economica, politica, etica e sociale del
Paese.
Una ricostruzione che, in questa fase, avviene con l’aiuto ancora determinante di chi ha distrutto, quindi una ricostruzione quanto meno anomala.
Ma si tratta comunque di una fase transitoria e che durerà fino alle prossime elezioni.
Il problema, però, è che sulle nostre comunità all’estero, con questo Governo, non si è ancora visto un atteggiamento di discontinuità sostanziale con le politiche del Governo Berlusconi.
Se si esclude, infatti, una atteggiamento di maggior rispetto almeno formale, che si esplicita attraverso i primi riferimenti in Aula alle comunità del Presidente Monti, l’atteggiamento dialogante dei sottosegretari Catricalà e de Mistura e del Ministro Terzi nell’ultimo periodo, che hanno cominciato a dialogare con i partiti, il Parlamento e il CGIE, nella sostanza delle cose è cambiato troppo poco.
Vedo, infatti, una continuità nel proseguire sulla strada del distacco tra Stato italiano e comunità italiane nel mondo.
Penso a come anche questo Governo continui a operare dei tagli: nonostante i tre milioni e mezzo recuperati per lingua e cultura, assistenza e funzionamento
Comites, le risorse già largamente mortificate e insufficienti, continuano a diminuire.
Come si continua a tagliare i servizi, visto che la spending review di cui si sta discutendo, prevede ulteriori chiusure di consolati, nonostante gli auspici fatti dallo stesso Ministro Terzi e la relazione della stessa Commissione sulla spendig rewiev del MAE che dimostrava come il bilancio tra spese di mantenimento delle strutture consolari all’estero e recupero di risorse fosse fortemente attivo: dai servizi consolari si ricava quasi il doppio di quello che si spende per farli funzionare.
Inoltre, penso a come si continui a rinviare le elezioni dei Comites e del CGIE.
Questa è stata una scelta a mio avviso sbagliata. E ancor più sbagliati sono stati il metodo con cui ci si è arrivati e le motivazioni.
Infatti, si è annunciato il rinvio senza discuterne preventivamente con le rappresentanze degli italiani all’estero né con i partiti e i gruppi che sostengono il Governo, né con il Parlamento.
E lo si è motivato con il solo aspetto economico e della mancanza di risorse, imponendo il sistema di voto online e fissando un tetto massimo di spesa di 2 milioni, senza aver fatto alcuna verifica di quanto costerebbe realmente creare questo sistema e applicarlo.
Solo dopo la forte reazione del Partito Democratico, dei suoi eletti e del CGIE il Ministro Terzi ha realizzato l’errore fatto e ha aperto un canale formale di dialogo per evitare in futuro il ripetersi di questi errori. Vedremo se funzionerà e se sarà seguito da scelte condivise.
Però l’errore del Decreto ha messo i partiti che sostengono il Governo con le spalle al muro e difronte a un percorso obbligato, costringendoci al senso di responsabilità e a votarlo, seppur con alcune sostanziali modifiche migliorative, ma non sufficienti.
Ma questo metodo non può continuare. Abbiamo bisogno di arrivare insieme a decidere i contenuti dei provvedimenti da portare in Parlamento, Governo e gruppi parlamentari che lo sostengono.
Il Parlamento non può essere, come era con Berlusconi, il luogo di ratifica di scelte prese altrove dal solo esecutivo o da un solo ministro dell’esecutivo, magari quello economico.
Noi siamo pronti, come stiamo già facendo, a operare delle scelte, anche impopolari. Ma dobbiamo essere coinvolti e si deve dire con chiarezza su quali questioni si vuole puntare e su quali no. Decidiamo quali e noi faremo la nostra parte. Ma non si può non affrontare la questione delle scelte, con conseguente smantellamento di tutto.
Perché se si continua così, gli effetti negativi derivanti dalla lealtà e responsabilità di sostenere il Governo, li paghiamo solo noi del PD. E questa sarebbe una tragedia non per il PD, ma per le comunità italiane nel mondo.
E bisogna farlo capire alle comunità: se si indebolisce il PD all’estero e in Italia, non è vero che ci sarà qualcun altro che difenderà più e meglio di noi gli italiani nel mondo, ma ci sarà il disinteresse generale.
Oggi, di questa particolare situazione politica, traggono vantaggio prima di tutto le forze politiche e gli uomini che hanno portato a questo disastro, come il PDL, i suoi eletti e l’ex sottosegretario Mantica.
E poi le forze meno responsabili, più populiste e movimentiste, come la
Lega, l’IDV e il MAIE.
Non a caso, sulla vicenda del Decreto di rinvio, queste tre forze hanno votato contro, lasciando che si approvasse con i voti di PD, UDC e
PDL.
Ma mentre il PDL può vantare in questo una strumentale coerenza con l’azione di Mantica e una falsa continuità con le politiche economiche e di risanamento di Berlusconi e
Tremonti, il PD appare come incoerente e incapace di incidere nell’azione governativa, oltre che non interessato alla reale difesa delle nostre comunità.
E il MAIE, che vota contro, appare erroneamente come l’unico difensore degli interessi degli italiani nel mondo.
È per questi motivi, dunque, che il PD deve trovare subito gli argomenti per ribaltare questa situazione.
Dobbiamo innanzitutto far capire che noi stiamo seguendo un atteggiamento responsabile nei confronti del Paese tutto e di quello che era ed è l’unico Governo possibile in questo delicato contesto, come spiegherà bene l’intervento che Mario Barbi ha inviato a questa Assemblea.
Che in questo scenario di crisi economica e politica abbiamo bisogno prima di tutto di quella credibilità internazionale che avevamo perso con Berlusconi e che con Monti ci ha riportato immediatamente ad essere protagonisti in Europa, tanto da essere riusciti a far passare nell’UE scelte importanti che possono condurci all’uscita dalla crisi, a cominciare dalla tassa sulle grandi transazioni internazionali e sull’accelerazione verso una unità politica dell’Europa.
Dobbiamo far capire che, nonostante la crisi che vivono i Partiti, è necessario per il bene della democrazia e dell’Italia, oltre che degli italiani nel mondo, avere un Partito forte e strutturato come il PD.
Se si indebolisce il PD si rafforzeranno i movimenti “padronali”, populisti e senza controllo democratico come i il Movimento 5 stelle e Lega,
l’IDV, il MAIE, con tutte le differenze che pure ci sono tra questi, è chiaro.
Dobbiamo avere la forza di spiegare che, nonostante le difficoltà di questi anni, il PD è l’unica forza
in grado di avere un peso reale e concreto in Parlamento;
di organizzare scelte e politiche serie e coerenti;
di progettare una visione condivisa delle nostre comunità inserita un modello e in un progetto di società più ampia, italiana, europea e mondiale;
di portare in tutte le sedi istituzionali, dal CGIE al Parlamento nazionale a quello europeo, con forza, ogni progetto e ogni istanza proveniente dalle comunità;
di avere forti e consolidati rapporti organici con i più forti Partiti di centrosinistra in ogni Paese in cui vi sia una comunità di italiani.
E tutto questo è un vantaggio e un valore aggiunto per le nostre comunità e per l’Italia, perché garantisce il controllo democratico del Partito, una visione politica condivisa a livello internazionale, delle macroaeree geopolitiche, la possibilità di avviare con maggiore facilità politiche e progetti comuni e bilaterali tra l’Italia e i paesi di residenza dei nostri concittadini.
Esempi di questo tipo sono quotidiani nel PD.
E gli ultimi li abbiamo esplicitati qualche settimana fa, proprio dove la sfiducia verso l’Italia, l’ondata antipolitica e antipartitica e l’innamoramento per i movimenti a-partitici e a-politici si sta facendo sentire in maniera forte tra le comunità:
l’America Latina.
Là abbiamo rafforzato e reso più visibile il rapporto storico tra il PD italiano e il Partito Socialista di Santa Fe.
Spiegando come noi siamo una forza di Governo locale e nazionale, radicata in Italia, in Europa e nel mondo che condivide una visione con il Partito Socialista che lavora e governa a Rosario e nella provincia di Santa Fe.
Per questo abbiamo rilanciato il gemellaggio tra
Rosario e Torino (governate dal PD
Fassino e dalla socialista
Fein) e deciso di avviare progetti concreti su assistenza, lingua e cultura e impresa che coinvolgano le due città e la numerosa comunità piemontese e italiana di Rosario.
Abbiamo consegnato al Governo argentino una lettera firmata da più di 70 parlamentari del PD al Parlamento nazionale ed europeo, che esprime nelle nostre fila il Vice Presidente vicario, Pittella, per far riprendere il dialogo tra Argentina e Inghilterra sulle spinose e importanti questioni delle isole Malvinas.
Documento che il Governo argentino ha giudicato come il più importante atto politico su questa vicenda da parte dei partiti europei.
Dunque, anche attraverso atti come questi, dobbiamo spiegare la capacità di incedere politicamente e la differenza che passa tra un Partito grande, organizzato e con solidi legami politici internazionali e un movimento leaderistico e padronale che non potrà mai avere la stessa forza e gli stessi legami politici, quindi non potrà avere la stessa utilità per le nostre comunità.
Dobbiamo far capire la velleità di chi si presenta come trasversale e parla di superamento dei concetti di Destra e Sinistra, come se potesse rappresentare tutti o tutti gli italiani all’estero: esempi che in passato hanno già fallito.
Dobbiamo quindi opporre al sentimento antipartitico e antipolitico, l’orgoglio e la concretezza della politica organizzata in partiti seri.
Ma torno ora al nostro rapporto col Governo e alla necessità di riprendere il protagonismo senza trovarci davanti a percorsi obbligati.
Dicevo che dopo la forte reazione del PD e del CGIE per come era maturato il
Decreto, Terzi ha ripreso con maggiore volontà il dialogo formale sia con noi come Partito che con il Parlamento e il CGIE.
E proprio col CGIE si è impegnato a organizzare dei seminari sulle principali questioni che riguardano gli italiani nel mondo, dalla lingua e cultura alla riforma del CGIE stesso.
E anche da qui dobbiamo ripartire.
Da questi argomenti e da questa
Assemblea.
Io credo che dobbiamo programmare un percorso che ci porti, prima dei seminari del CGIE e del MAE, a definire una nostra proposta chiara di riforma del sistema di insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero, degli organismi di rappresentanza e delle politiche per il recupero del rapporto con le nuove generazioni di italiani all’estero e oriundi, oltre che sull’informazione.
In questa assemblea abbiamo dirigenti politici locali e nazionali, parlamentari eletti all’estero, rappresentanti del mondo associativo, consiglieri e presidenti di Comites, consiglieri del CGIE e persino il Segretario generale.
Quindi abbiamo una rappresentanza reale, politica e, oserei dire, scientifica di questi organismi.
Ci sono le condizioni migliori per fare un lavoro di raccordo politico su una proposta che sia non solo la proposta unitaria del
PD, ma la proposta più vicina a quella che il CGIE discuterà con il Ministro.
E questo ci consentirà di rafforzare reciprocamente sia l’azione del CGIE nel seminario che organizzerà col MAE che quella del PD nelle aule parlamentari nella direzione di una riforma condivisa e diversa da quella ferma alla Camera e che va definitivamente superata.
Per questo io direi che da qui, da oggi, dobbiamo cominciare a lavorare.
Nella direzione già anticipata dai nostri parlamentari nella discussione di martedì e mercoledì scorsi.
Partendo quindi dai poteri, dai compiti e dalle funzioni di questi importanti organismi.
Io sono fortemente convinto che, nel momento in cui vi è un arretramento della presenza dello Stato italiano sul territorio estero e una penalizzazione dei servizi (chiusure di consolati, azzeramento delle risorse, riduzione della componente parlamentare, seppure molto incerta), occorra dare concreti e reali poteri di rappresentanza ai Comites e al CGIE.
Occorre metterli nelle condizioni di poter essere davvero organismi che amministrano e che decidono.
Non possono limitarsi a dare pareri o fare relazioni sulle comunità.
E questo serve per cautelarli da contesti politico-istituzionali come quelli vissuti in questi anni, nei quali non hanno avuto ascolto né sono stati presi in considerazioni nemmeno i pareri dei parlamentari né le loro proposte di legge.
Io penso, per fare un esempio, che i consiglieri di Comites e CGIE, innanzitutto, debbano avere almeno alcuni dei poteri conferiti in Italia ai consiglieri comunali e provinciali, come quelli, ad esempio, dell’autenticazione delle firme in caso di referendum o presentazione di liste.
Penso che, nell’ottica di un superamento del bicameralismo, della possibile abolizione delle province e addirittura della Circoscrizione, della riduzione dei parlamentari eletti all’estero alla
Camera, si debba riprendere e fare con coscienza il ragionamento sulla possibilità o meno di una presenza diretta del CGIE, seppure non stipendiata, nell’ipotetico Senato federale al quale parteciperebbero delegati o rappresentanti delle regioni.
Inoltre, penso sia giunto il momento di ragionare seriamente e dirci con chiarezza se è ancora il caso di pensare il CGIE incardinato nel MAE o se non sia meglio e più proficuo, come io penso, incardinarlo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, favorendo il ruolo di raccordo e interlocuzione con tutti i ministeri che hanno competenza sugli italiani all’estero, da quelli classici degli esteri e dell’Interno a quelli della cooperazione internazionale e integrazione, della pubblica amministrazione, del lavoro e persino del turismo.
Quale miglior luogo di raccordo se non la
Presidenza del Consiglio?
Questo perché penso che le funzioni del CGIE debbano essere indirizzate più all’azione di rappresentanza esecutiva e di raccordo della rappresentanza generale che a quelle della politica estera, per la quale pure i nostri organismi di rappresentanza devono avere un ruolo definito.
Infatti la stessa diplomazia ufficiale, nel mondo iperglobalizzato, non è più sufficiente, ma va correlata dall’azione concreta e riconosciuta delle organizzazioni non governative, dal mondo imprenditoriale, dai cittadini che un paese mantiene sparsi nel mondo (dunque dalle loro rappresentanze) e facendo sinergia tra tutto ciò.
In una sola parola, dalla megadiplomazia, come direbbe Parag Khanna, per la quale i componenti del CGIE dovrebbero essere riconosciuti come reali interlocutori dallo Stato italiano, dai rappresentanti diplomatico-consolari e dalle autorità locali.
E poi dovremmo rivedere il ruolo del CGIE nella Conferenza delle regioni e del CINSEDO (il Centro Interregionale di Studi E Documentazione della stessa Conferenza).
In particolare, in quella sede il CGIE dovrebbe avere un ruolo riconosciuto soprattutto nel confronto sulla diffusione delle “best practices” (portando le esperienze di altri paesi oltre che delle regioni italiane) e nella sottolineatura del ruolo dei territori e degli italiani nel mondo alla costruzione dell’
Unione Europea in particolare e di diversi organismi internazionali.
Insomma, non voglio con queste indicazioni definire le linee guida della nostra proposta di riforma, ma far capire quale debba essere la direzione: poteri reali di rappresentanza territoriale, raccordo istituzionale concreto con le istituzioni politiche ed esecutive (Parlamento, Governo, ministeri, regioni, centri studi), riconoscimento di funzioni che diano concretamente un valore aggiunto alle nostre comunità.
Come declinare tutto ciò, poi, lo vedremo insieme e con l’apporto di questa Assemblea e dei nostri circoli.
Per questo, quindi, sarebbe utile cominciare con il costituire una commissione mista e aperta che lavori da subito, anche fuori da questo contesto, a una proposta in stretto raccordo con i nostri rappresentanti in Parlamento, nel CGIE e nei Comites.
Solo un passaggio veloce, poi, sul sistema di voto:
con il decreto appena approvato dal Parlamento, è stata sancita la possibilità di utilizzare un sistema di voto misto nello stesso ambito territoriale, fatto cioè sia del voto online che di quello nei seggi.
Se è possibile il voto misto onlie-seggi, dunque, non può essere scartato quello per corrispondenza.
Dunque dobbiamo insistere perché si vada presto a rivedere la legge ordinaria sul voto e si introducano i principali correttivi previsti dalla nostra proposta, allargando al sistema misto di voto e tenendo la priorità su quello postale.
Penso che dobbiamo farlo noi e giocando di anticipo, poiché io sono convinto che il vero obiettivo di questo ennesimo rinvio e dell’introduzione del voto online, sia quello di arrivare alla soppressione del voto per corrispondenza alle prossime elezioni politiche.
E non possiamo permetterlo, ma dobbiamo evitarlo pretendendo che si modifichi presto la legge ordinaria.
Ma quella che io vedo come la questione prioritaria, è la necessità di riformare il sistema della lingua e cultura italiana.
Ormai non è più pensabile di risolvere il problema solo lavorando sull’aspetto delle risorse.
Dobbiamo lavorare a una riforma di carattere generale del sistema. Non so se c’è la voglia e il tempo per farlo in questa legislatura.
Ma credo che noi dobbiamo subito lavorare anche a questo, partendo dalle proposte che già ci sono e andare nella direzione del superamento della
frammentazione degli interventi, del raccordo in Italia e all’estero, nel coinvolgimento delle strutture delle nostre comunità, puntare sulle iniziative comunitarie per ciò che riguarda l’Europa e sulle convenzioni e accordi con i governi locali in altre aree del pianeta.
Soprattutto su questo tema, penso che come PD dobbiamo prima decidere al nostro interno, anche qui coinvolgendo l’Assemblea, i parlamentari e i nostri rappresentanti di Comites e CGIE, in modo da avere quelle linee guida da portare ai seminari di MAE e CGIE e da ribadire in Parlamento quando se ne discuterà.
E poi dovremo fare lo stesso discorso di riforma di sistema sulle questioni della
cittadinanza e, soprattutto,
dell’informazione. Perché anche per l’informazione all’estero, dalla semidefunta Rai International alla stampa cartacea e online, non è più pensabile ragionare solo di risorse né rinviabile una discussione di carattere generale che, a costo di sacrificare anche diverse testate, possa creare le condizioni per rilanciarne quelle di maggior qualità e utilità per l’informazione delle nostre comunità, la salvaguardia di alcuni aspetti storico-culturali e la possibilità di fare informazione di ritorno reale.
È chiaro che queste discussioni e le posizioni che ne usciranno, al di là dei seminari MAE-CGIE, ai quali dobbiamo arrivare con una posizione nostra, devono segnare il nostro percorso programmatico da qui alle possibili primarie di coalizione.
E dovranno essere punti politici fondanti del programma del PD per l’estero da inserire nel programma di Governo del Partito e della coalizione.
Dobbiamo quindi sforzarci di formulare una proposta nuova, che parta dalla necessità di tornare, dopo Monti, alla politica di alternativa tra Destra e Sinistra – e cito ancora Franceschini – all’equità sociale e alla redistribuzione. Servirà uno sforzo e uno scatto creativo di tutti noi, insieme alla volontà unitaria e alla capacità di coinvolgere le nuove generazioni e settori nuovi al nostro universo di riferimento.
E anche lo sforzo di parlare di temi dei quali in passato ci siamo occupati poco o nulla.
Dunque, da questa Assemblea ed entro novembre, noi dovremo decidere quali sono i punti principali e inderogabili sui quali vogliamo impegnare il Partito quando saremo al Governo e attraverso quali proposte condivise.
Per questo, quindi, direi di costituire subito dopo la discussione generale, i due gruppi che dovranno lavorare all’elaborazione delle proposte del PD sui temi in questione e che verranno fuori dalla discussione.
E naturalmente, come dalla comunicazione dei tagli del 50% ai contributi elettorali e visto che non siamo riusciti a farlo per motivi di tempo nella passata Assemblea, come avevo richiesto, vorrei che provassimo a costituire oggi anche un Comitato di tesoreria che lavori alla definizione annua del contributo per la Circoscrizione estero e alla redistribuzione interna alle Ripartizioni e ai paesi.
Lo stesso Comitato dovrà lavorare da subito, e in raccordo con la Tesoreria nazionale e le segreterie Paese, anche alla ridefinizione del budget del 2012, dimezzato in corso d’opera rispetto a quanto avevo annunciato nell’Assemblea di inizio anno a causa dei tagli decisi dal Parlamento.
Con questo, quindi, penso di aver delineato almeno l’inizio di un percorso politico a breve termine sul quale dovrà convergere l’apporto e il contributo di tutti voi e dei nostri circoli, per ribadire tra le nostre comunità, che Bersani e il PD si candidano a governare il Paese e che, senza un PD forte e unito all’estero, nonostante i problemi e i limiti che pure abbiamo e non nascondiamo, nessuno potrà far valere le ragioni degli italiani nel mondo né dentro né fuori dal Parlamento.
Chi vuole far credere il contrario, sta prendendo in giro se stesso e gli altri per motivi prettamente strumentali o elettorali.
Grazie e buon lavoro.