
E lui lo sapeva bene quanto mi era simpatico e quanta stima e affetto avessi nei suoi confronti. Sapeva quanto rispettassi le sue opinioni, anche quando erano diverse dalle mie. Negli ultimi anni, infatti, avevamo fatto scelte politicamente diverse (io col PD e lui con SEL), ma continuavamo a lavorare insieme e per costruire il dialogo tra i nostri partiti e con tutto il mondo dell’emigrazione, perché entrambi eravamo convinti che le battaglie si possono fare e, magari, anche vincere se c’è una larga convergenza, se c’è dialogo e unità. E quanto era bravo Andrea a dialogare anche con gli avversari e a trovare i compromessi migliori, pur partendo da posizioni più estreme delle mie.
Non è un caso se oggi, anche gli avversari politici con le idee più lontane dalle sue, quelli che, come lui, si sono formati politicamente e hanno militato nei partiti in tempi in cui scorreva il sangue, parlano di Andrea come di un amico e con parole vere e di grande rispetto.
Al mondo dell’emigrazione e ai più deboli Andrea ha dato molto. E se n’è andato all’improvviso, portando con se ancora molte speranze e molti progetti per le nostre comunità. Se n’è andato il 25 luglio, proprio come quella splendida nave che portava il suo nome, l’Andrea Doria e che, anche lei, s’è inabissata il 25 luglio del ’56 nell’Atlantico insieme al suo carico di speranza, soprattutto dei molti emigranti che pure trasportava.
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