In questi giorni sto lavorando su alcuni dati percentuali che riguardano la presenza degli italiani all’estero rispetto alla popolazione italiana. Come diceva l’ottimo Ingener Cane: “centinaia, mille e mille, decine… numeri che fanno girare la testa”.
Lo dico perché questi numeri, confrontati con i dati dell’indotto economico che questi connazionali all’estero procurano all’Italia, ci danno un quadro di quanto enorme sia il beneficio che l’economia italiana trae dai nostri connazionali.
Se poi si va a spulciare con maggiore attenzione nelle organizzazioni regionali, provinciali e comunali per l’emigrazione, si nota come questo vantaggio per il sistema Paese in generale si traduca in un vantaggio particolare e diretto per poche, singole realtà territoriali – quelle più organizzate – a fronte di nessun vantaggio diretto per molte altre, quelle meno organizzate.
Vi sono realtà italiane, infatti, che hanno organizzazioni solide e ben strutturate della rete dei propri emigrati all’estero, che coinvolgono nella propria vita socio-economica e politica locale, trasformandole in un volano economico-culturale di un certo peso.
Molti, oggi, soprattutto dopo il voto all’estero e i suoi esiti, si stanno organizzando per valorizzare i propri “emigrati”.
Voglio fare un esempio di potenzialità partendo dai dati percentuali di un piccolissimo paesino italiano, quello di cui sono originario.
Si tratta di Caccuri, un paese della provincia di Crotone con circa 1.700 residenti.
Considerando solo i suoi concittadini adulti residenti all’estero che hanno aggiornato i propri dati all’anagrafe comunale – che in tutta Italia fa acqua da tutte le parti per difetto di iscritti – Caccuri ha una popolazione residente all’estero di 325 abitanti, pari al 19,11% del totale.
Se aggiungiamo a questi una buona parte di non iscritti all’AIRE (l’anagrafe appunto), alcuni discendenti senza cittadinanza, i caccuresi che vivono in altre città d’Italia, arriviamo a un numero dei caccuresi fuori caccuri molto maggiore di quello dei caccuresi residenti.
Questo dato – che come direbbe Cane fa “girare la testa” – confrontato con le potenzialità già espresse da comuni con dati meno importanti, mi ha fatto capire quanto un’organizzazione socio-politico-culturale ed economica strutturata e inclusiva potrebbe giovare all’economia del paese.
Fate poi il raffronto a livello nazionale e capirete quanto una seria e strutturata organizzazione e gestione degli italiani all’estero potrebbe ancora portare all’economia italiana, considerando che tra italiani e oriundi all’estero siamo circa 60 milioni: tanti quanti siamo in Italia.
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4 commenti:
si, si, l'ingegner cane... lo avevo proprio dimenticato. Ma quello della foto è il tuo paesino? carino. In effetti avere circa il 20% della prpria popolazione all'estero è davvero tanto.
E' vero che gli italiani all'estero possono essere una grande risorsa, ma è molto difficile creare organizzazioni territoriali che funzionano. E poi anche gli eletti all'estero, sono solo 18 per tutto il mondo. Troppo pochi, ne servirebbero di più per avere contatti tra l'estero e l'Italia.
non è possibile, è dai tempi dell'università che ti sento parlare di Cuccuri (si Cuccuri con la u, continuo a dire così).
Sei proprio un inguaribile romantico.
Però sulle potenzialità degli italiani all'estero comincio ad essere più ottimista dopo il voto... Dici che è un giudizio interessato?
@Carla: Penso che continuerai sempre a sentirmi parlare di Caccuri con la a. Un "inguaribile romantico" io? POssibile che non ti renda conto di come sia un dissacratore, anche delle passioni romantiche...
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