sabato 13 ottobre 2012

Premio Caccuri, una sfida da raccogliere

Mimmo Gangemi, Bruno Giordano Guerri, Giovanna Taviani, Alessandro Profumo, Gianrico Carofiglio, Piergiorgio Odifreddi, Pino Aprile, Roberto Napoletano, Davide Giacalone, Nino Pirito e persino Albano Carrisi. È solo un gruppo di nomi celebri, ma ce ne sono stati e ce ne saranno molti altri. Dove? A Caccuri.

“Non capisco”, direte, “né cosa sia o dove si trovi Caccuri né perché questi nomi”. Allora ve lo dico io, ma occorre un po’ di pazienza per una premessa.

Caccuri è un piccolo paese abbarbicato su una collina della Presila crotonese, a metà strada tra quella che fu la Magna Grecia - culla della cultura e civiltà occidentale, e oggi landa tra le più povere d’Europa e ostaggio della ‘ndrangheta - e i boschi belli, malamente sfruttati, della Sila, dove si anela al turismo sciistico delle settimane bianche, ma si continua a coltivare patate. Ottime però.

In questo contesto, un paesino di 1500 persone, falcidiato dalla disoccupazione e dall’emigrazione, trova la volontà e la capacità, proprio grazie ad alcuni suoi figli emigrati, di organizzare un ambizioso Premio letterario di livello nazionale. Quei nomi sono alcuni degli ospiti, dei premiati e dei giurati di questo premio. Tutti entusiasti di aver preso parte, lo scorso mese di agosto, a una inaspettata kermesse culturale il cui tratto più netto, prima dei contenuti, è stato l’orgoglio di un paese che ha dimostrato, ancora una volta, di avere grandi potenzialità e di riuscire a tradurle in iniziative concrete.

Non c’è qui lo spazio - né voi avreste la pazienza di leggerlo, forse - per il racconto dei giorni del Premio, delle discussioni, delle aspettative, dei dibattiti, delle premiazioni (per chi fosse interessato www.premiocaccuri.it documenta tutto).

Io voglio qui provare a ragionare di qualcos’altro.

Innanzitutto il senso di questo Premio.

Sicuramente è servito a parlare di cultura in una zona del Paese povera, depressa (non solo in senso economico), a confine con uno dei più imponenti regni della ‘ndrangheta, dove la cultura è troppo spesso svilita e mortificata. Una sottovalutazione che fa proprio il gioco della criminalità, poiché i boss sanno bene che la cultura è la prima e più potente arma dell’antimafia.

Poi, il Premio è stato un’ottima occasione per far conoscere Caccuri e incuriosire chi ama un certo tipo di turismo, quello a caccia di itinerari poco battuti, di tradizioni enogastronomiche e artigianali altrove perdute.

Infine, vorrei provare a ragionare sul contesto ‘strapaesano’ che ha accolto Premio e ospiti, anche in relazione allo scenario letterario nazionale.

Come direbbe Sartre, un’opera si definisce dalla relazione che c’è tra libro e lettore. Per il filosofo francese lo scrivere è atto di per sé incompleto e solo la lettura può perfezionarlo. Dunque viene da sé che l’opera letteraria è concepita per il pubblico, il più vasto possibile, che la recepisce secondo i sentimenti personali ma non solo, ché tempo e luogo incidono eccome.

A qualche mese di distanza e stimolato dalle parole un po’ deluse di Roberto De Candia (uno degli organizzatori del Premio), mi pare di poter dire che questa estate, a Caccuri, forse quell’unione imprescindibile sia un po’ mancata. Mi pare non si sia riusciti a dar vita a quella comunità di spirito tra popolazione, autori e opere. Non credo che la responsabilità sia imputabile agli organizzatori del Premio. Al contrario, temo - ma vorrei davvero essere smentito - che a Caccuri si legga pochissimo, anche tra i laureati. Voglio fare un solo esempio: tutto il paese è stato coinvolto ed euforizzato persino dall’“evento” Premio, ma nessuna delle persone con cui ho parlato l’estate scorsa aveva letto una delle opere che io considero un grande romanzo, come oggi si scrivono sempre meno, con un grande respiro storico e popolare. Sto parlando de La signora di Ellis Island, dell’ottimo Cangemi.

Ciò che intendo dire è che l’occasione preziosa offerta dal Premio, forse non è stata colta appieno se è vero che poca è stata la curiosità culturale prodotta dall’evento e poche le riflessioni su come questo potesse diventare il tassello di un più largo progetto culturale per Caccuri e i suoi dintorni.

A conferma di ciò, il fatto che i ripetuti tentativi di innescare qualche discussione pubblica su possibili appuntamenti futuri che continuassero a tessere il filo tirato col Premio, non sono stati coronati da successo.

Davvero un peccato.

Naturalmente non intendo dire che questo scarso interesse sia prerogativa di Caccuri, o della Calabria. Nel resto del Paese non va meglio. Nel Paese di Dante si legge poco e comunque sempre meno. I numerosi e in alcuni casi prestigiosi premi letterari, le storiche e pregevoli case editrici non riescono a risollevare il mercato delle lettere che versa in uno stato che non esagero a definire di emergenza culturale. Insomma, il nostro inestimabile capitale culturale, artistico e di conoscenza non riesce a rappresentare un atou nel mondo globalizzato, un punto di forza e di ripartenza - come invece dovrebbe - in un momento di crisi gravissima.

Ma per tornare a Caccuri e al suo bel Premio, penso che meriti lode e ammirazione la caparbietà degli organizzatori che, se vogliono che la loro creatura cresca, come io spero vivamente, debbono puntare non solo sui nomi illustri da coinvolgere, ma su un progetto di più ampio respiro che sappia coinvolgere le istituzioni locali e la cittadinanza. Una chiave promettente potrebbe essere quella di scommettere su filoni meno sfruttati come quello dialettale. E in questa direzione, se mi è concessa qualche suggestione, esiste in Italia una grande ricchezza nella tradizione musicale, che è poco coltivata dai grandi circuiti culturali e dai premi più prestigiosi e che potrebbe invece diventare una prerogativa nazionale del “Premio letterario Caccuri”. Anche il fumetto potrebbe offrire opportunità inedite al nostro Premio, se pensiamo che la legge italiana ancora non riconosce dignità di “autore” ai fumettisti.

Insomma, quest’estate, grazie alla fantasia e all’entusiasmo di alcuni amici, ho ritrovato le grandi risorse di una terra che però, finora, non ha saputo trovare in sé la forza e l’orgoglio di vincere i limiti di sempre, che da troppo tempo ne frenano il progresso. Spero davvero che il Premio letterario Caccuri possa fare la sua parte per aprire una pagina nuova.

17 commenti:

Laura Garavini ha detto...

Non ci si deve lasciare prendere dallo sconforto prematuramante. Progetti come questi sono esattamente ciò di cui ha bisogno non solo Caccuri, ma l´intero Sud, soprattutto quello martoriato da fenomeni criminali.
E´ chiaro però che i problemi non si risolvono dall´oggi al domani, nè si può riuscire a creare all´istante quell´humus culturale che é assente da decenni. Nessun seme riesce ad attecchire se non viene curato ed annaffiato, nel tempo.
La strada é quella giusta. Bisogna garantirne la continuità.

ciao baci
Laura Garavini

Eugenio Marino ha detto...

Cara Laura,
queste parole sul Premio, dette da una parlamentare che si occupa di antimafia ed è molto attenta ai problemi del Sud italia e dell'emigrazione (effetto diretto proprio della mafia), immagino siano confortanti per gli organizzatori e possono essere uno stimolo proprio nella direzione di contrinuire a creare con pazienza quell'humus culturale di cui giustamente parli.

Dolfo Barone ha detto...

Gentilissima Onorevole Garavini,

leggo la Sua sul Blog del mio amico Eugenio Marino e, per prima cosa, desidero ringraziarLa per le belle parole di incoraggiamento che vengono dal suo intervento.

Personalmente avverto di essere leggermente più ottimista del caro Eugenio. Ho vissuto a stretto contatto col pubblico del Premio Caccuri nei giorni della sua prima edizione, ecco perché non giudico come disinteressato l’approccio dei miei concittadini nei confronti della lettura. Anzi, visto che il gazebo della libreria che esponeva le opere dei finalisti e degli ospiti è stato letteralmente saccheggiato, ritengo che uno degli obiettivi della manifestazione sia stato pienamente raggiunto.

Inoltre, 30 giurati della Giuria Popolare erano della stessa Caccuri e non solo hanno letto ed amato tutti e tre i bellissimi saggi arrivati in finale, ma ne hanno fatto oggetto di animate discussioni. Inoltre, nei giorni successivi all’evento, io e gli altri due co-organizzatori del Premio Caccuri siamo stati avvicinati da molti calabresi che ci hanno chiesto di andare avanti con lo stesso entusiasmo e la stessa passione. Ci hanno invitato a programmare tante altre edizioni di questa apprezzata kermesse, che ha dalla sua il particolare merito di essere stata messa in piedi senza nemmeno un euro di stanziamenti pubblici, salvo l’appoggio dell’Amministrazione comunale, ma col solo entusiasmo dirompente di privati cittadini, imprenditori e professionisti che hanno abbracciato l’idea fondativa del Premio.

Desidero ringraziare Eugenio per averci ospitato sul suo blog, dandoci visibilità e offrendoci un'ulteriore occasione per far passare il nostro messaggio.

Spinte emotive come la Sua ci inducono con ancor maggiore entusiasmo e slancio ad operare in questo solco. C’è in noi soprattutto la speranza che i nostri giovani (già pesantemente condizionati nel proprio futuro dagli storici e patologici handicap di queste latitudini e della spallata durissima che questa crisi globale sta inferendo) possano nella Cultura trovare motivo di crescita interiore. Siamo fermamente convinti che il binomio “più Cultura, più mercato” possa loro restituire coraggio imprenditoriale nell’immediato.

Grazie ancora per il suo fertile intervento e naturalmente l’aspettiamo il 9 ed il 10 agosto prossimi al Premio Letterario Caccuri di saggistica.

Cordialmente

Adolfo Barone

Filippo Giuffrida Rèpaci ha detto...

Caro Eugenio, premetto che dei premi letterari ho una visione ed un'opinione sicuramente "a parte", non foss'altro per l'esser il pronipote di Leonida Rèpaci (un calabrese, coincidenza?) e l'esser quindi cresciuto con i racconti del Viareggio come storie della buonanotte. E proprio il Viareggio, come pochi ricordano, nacque in spiaggia, per far uscire gli intellettuali dalla torre d'avorio e portare la letteratura nella vita di tutti i giorni. Ecco, se questo è lo spirito che anima il Premio Caccuri, non posso che condividere le belle parole di Laura. Abbiamo sicuramente un impellente bisogno di lettura e di cultura. E le metto assieme, binomio per me indissolubile in un'epoca che sembra privilegiare altre forme artistiche più "immediate", a discapito del piacere della parola letta. E senza riaprire quel prezioso cofanetto in cui abbiamo riposto le mille riflessioni della "questione meridionale", è quasi banale ricordare che il sud, il nostro sud forse più di altri, ha un grande bisogno di riscoprirsi terra di cultura. Ben venga quindi "il saccheggio del gazebo", e se alla prima edizione il rapporto "pubblico entusiasta/veri lettori" è stato basso non si puo' far altro che lavorare perchè alla seconda i dati cambino. E cio' puo' avvenire solo se il Premio diventa una realtà consueta, non un estemporanea meteora estiva. E se il Premio conserva sia lo spirito di apertura (senza trasformarsi nella sagra della patata, sindrome che mi pare abbia colpito troppi eventi culturali estivi) sia il gusto della ricerca. A tal proposito belle le tue proposte. La letteratura dialettale, o semplicemente "localizzata" sta diventando una corrente letteraria di peso. Basta pensare al successo di editori come i Fratelli Frilli con i gialli di Liguria (chi hanno portato al successo autori poi passati a case editrici nazionali quali Morchio) o, absit injuria verbis, allo stesso Camilleri. Scrivendo da una città che ospita il Museo del Fumetto, non posso poi che sostenere a spada tratta il suggerimento, magari tentando un coniugio ardito, focalizzandosi su fumetti del sud o nel sud ... Spero anch'io che il Premio Caccuri possa aprire una pagina nuova, e, soprattutto, possa far aprire tante pagine di libri mai letti a tanti potenziali lettori.

Antonio Ereditato ha detto...

Commento con piacere il post di Eugenio, in relazione al premio letterario di Caccuri. Il legame è semplice e naturale. Anch'io sono un meridionale, operatore nel campo della cultura, scientifica nel mio caso, e soprattutto "emigrante", così come una gran parte della popolazione della martoriata terra di Calabria e di Caccuri, in particolare.

Vorrei iniziare con un ricordo per me recente ed emblematico per quello che dirò dopo. Questa estate sono stato invitato a tenere una conferenza su un tema molto vicino al mio campo d’interesse: tempo e spazio nella fisica. Fin qui nulla di strano. Ma la cosa che mi colpì subito fu che l'invito proveniva da un istituto (per mia colpa!) a me ignoto, che opera in maniera eccellente nel campo della biologia e della genetica molecolare, il Biogem di Ariano Irpino, diretto in maniera magistrale dall'ex ministro e senatore Ortensio Zecchino.

Biogem, oltre al suo ruolo di centro di assoluta eccellenza scientifica nel depresso sud italiano (una cattedrale nel deserto?) organizza regolarmente molti eventi di carattere scientifico. Tra essi, ormai da alcuni anni, l'incontro de "Le Due Culture", al quale sono generalmente invitate personalità culturali e politiche di valore internazionale. Non voglio aggiungere dettagli che mi porterebbero senz'altro a elogiare Zecchino per il suo duplice sforzo di manager scientifico e di anfitrione culturale. Voglio però far notare come egli sia riuscito a parlare di cultura al massimo livello, e credetemi in un contesto di eccellenza, in un'altra terra martoriata dai tipici problemi del nostro sud quale la bella Irpinia.

Forse, a differenza del premio letterario di Caccuri, nel caso di Ariano il riscontro da parte della popolazione locale è senz'altro maggiore, probabilmente anche a causa di una consolidata tradizione. Ma poco importa; si tratta in entrambi i casi, e molti altri me ne vengono in mente, dell'azione entusiastica di un gruppo di visionari che riesce a trasportare "un pianoforte nel mezzo della giungla", come nel film Fitzcarraldo di Herzog.

Il turbamento di Marino di fronte alla scarsa risonanza locale dell'evento di Caccuri non deve in alcun modo ricadere nello scoramento. Tali iniziative visionarie e apparentemente folli, hanno bisogno di tempo per incidere ed entrare nella "normalità". Nello specifico, e mi piace la citazione di Sartre, trattandosi di un premio letterario, la sinergia con il pubblico e in senso lato con tutta la popolazione, è quanto mai necessaria. Ma per questo ci vuole tempo. In particolare, trovo molto buona l'idea di estendere il premio al fumetto, e perché no al cortometraggio stile Youtube. Questo forse aprirebbe a un pubblico più giovane e creativo, permettendo col tempo di varcare le frontiere del piccolo paese e di assumere una connotazione meno locale.

Rimane, ahimè, il problema giustamente evocato da Marino della scarsa propensione alla lettura da parte degli italiani. Questo purtroppo è un argomento ben più sensibile e grave, e che merita molto più che le poche righe di queste mie considerazioni. Vorrei solo dire, e scusatemi dell'ovvietà, che "con la cultura si mangia", ci si affranca, ci si rende autonomi e liberi e si diventa cittadini e non solo elettori. La lettura è lo strumento principe di questa strategia. Ben vengano perciò i premi letterari e si lavori sodo per aumentare la complicità da parte della popolazione. E per quanto riguarda il sud, cominciamo con le cattedrali nel deserto....alla fine arriverà l'acqua....

Silvana Mangione ha detto...

L’esempio di Caccuri e del suo Premio letterario, lanciato con molto coraggio e nomi importanti, dovrebbe servire da esempio, da monito positivo, da modello da imitare a questa Italia sempre più provinciale e chiusa, sempre più illetterata – nel senso latino del termine – sempre meno curiosa di sapere e scoprire le radici profonde, antiche e contemporanee, della sua enorme cultura e dei suoi infiniti prodotti artistici e di pensiero.

Grande colpa di questa involuzione ricade sull’ultimo ventennio buio, che si è interrotto a novembre del 2011 con l’insediamento di un nuovo governo, “tecnico”, formato quindi da esperti, persone di scienza ed esperienza nel proprio rispettivo campo, prive di clientelismi e di obblighi di restituzione di favori.

Per quasi vent’anni, per due generazioni perdute, ci siamo sentiti ripetere: “Tutto va ben, madama la marchesa”, mentre l’Italia scivolava sempre più rapidamente nel baratro dell’ignoranza e della recessione.

Ci siamo sentiti dire dal superministro delle finanze, tesoro e quant’altro appartiene alla situazione economica del Paese che: “Con la cultura non si mangia”. Questo invito a rimanere ignoranti – sempre in senso latino – a non curarsi di imparare, a non leggere, a disconoscere la più grande ricchezza dell’Italia ha portato gravissime conseguenze: la distruzione della Scuola italiana.

Non ci si rende conto appieno che la Scuola italiana è pur quella che ha allevato i cosiddetti “cervelli”, che esportiamo in misura crescente, depauperando gravemente l’Italia, perché nel nostro Paese – a fianco di un solido sostrato sociale che ancora crede nei valori che ci hanno sostenuto nei momenti più difficili della nostra storia – sono andate maturando due generazioni che osannano la furbizia del successo raggiunto con mezzi non sempre profumati, del ladrocinio, dei privilegi, del “mors tua vita mea”.

Viva Caccuri, allora, perché un paese di sole 1.500 anime ha voluto affermare che si può vivere meglio, crescere di più, ritrovare il significato di una quotidianità fatta di pensiero, di dibattito, di approfondimento, di bellezza.

In una parola sola: di cultura. E se la prima edizione della manifestazione non è stata perfetta, non importa. Bisogna continuare, aprendo la strada ad altri villaggi, cittadine, città, regioni, a chi è ancora fermamente convinto che la cultura, in tutte le sue forme, apra la mente degli esseri umani agli eterni insuperabili principi di libertà, di solidarietà, di convivenza, di rispetto delle regole, di capacità di gioire della bellezza e della creatività nostra e degli altri.

I principi che garantiscono la sopravvivenza di una civiltà costruita con il lavoro di millenni ed il sacrificio di milioni di persone.

Marianna Caligiuri ha detto...

Io non ho mai letto la Signora di Ellis Island, l’ultimo libro che ho “vissuto” (o meglio “rivissuto”, perché io i libri li “vivo”) è Le ultime lettere di Jacopo Ortis, io leggo Leopardi ed amo smodatamente Foscolo, non sopporto Manzoni ed ancora meno Pascoli, e quando ho proprio voglia di impegnare la mente su sentieri irti scelgo a caso un canto della Divina Commedia per poi magari perdermi ,subito dopo, nella tranquilla quotidianità di Saba.

E veniamo al Premio Caccuri, a quello scintillio fiabesco che ha avuto come scenario naturale Caccuri, Caccuri incastonata (mi viene spontaneo parlarne al femminile, chissà perchè ) come gemma tra la Magna Grecia e la Sila, Caccuri a metà di un percorso che ha conosciute le più alte vette dell’ingegno umano (la magna Grecia)e le più belle pennellate della mano divina (i boschi della Sila), Caccuri ferma, immobile e così incredibilmente viva, Caccuri che ha capito appieno la forza e l’importanza del Premio Letterario, lo ha fatto suo non solo garantendo la partecipazione (quella era facile, quasi scontata), ma accogliendo gli ospiti con il cuore che solo una comunità matura riesce ad avere.

Caccuri che ha capito, apprezzato, voluto fortemente. Caccuri, puntino sperduto in una regione che, nonostante tutto, nonostante i baluardi della ‘ndrangheta (sempre meno, fortunatamente), ha deciso di essere raccontata diversamente, PRETENDE di essere raccontata diversamente.

Le mie sono solo riflessioni sparse che non pretendono che alcuno le consideri verità data, sono solo le parole di un sindaco orgoglioso della propria comunità che vuole raccontarla per quello che è, partecipe, presente, interessata e desiderosa di futuro, pronta a stringersi attorno al Premio Caccuri e a tutto ciò che sia in grado di darle speranza, di immettere aria nuova in polmoni che hanno una grandissima voglia di respirare e di respirare forte.

Ringrazio per tutta l’attenzione che è stata data alla mia piccola città, ardente e viva, penso però che sia doveroso che chiunque legga o scriva abbia la percezione vera e reale di ciò di cui sta parlando, e Caccuri merita innanzitutto di essere considerata per quello che è, orgoglio e desiderio, orgoglio per ciò che è stata , desiderio per ciò che vuole essere e sa di poter diventare.

La Calabria ha tanti mali, ma ha anche un desiderio di riscatto che è difficile respirare da lontano, la Calabria è tutto il bene e tutto il male del mondo, ed in questa lotta, è entusiasmante vedere come il primo superi il secondo, come la voglia di guardare avanti sia diventata forte. Per favore non descriveteci più come una regione depressa, nella quale i boss del momento limitano le nostre capacità culturali perché, in realtà, non ci sono mai riusciti.

Una piccola notazione, pochi giorni fa Carfizzi ha festeggiato Carmine Abate che , nello svolgere il discorso conclusivo ha fatto un’osservazione bellissima, vera, ha sottolineato come la maggior parte della nostra emigrazione sia stata motivata dal desiderio dei padri di garantire ai figli l’istruzione. Ha evidenziato il fatto che nessun contadino sarebbe mai morto di fame, eppure è emigrato perché anche l’ultimo dei nostri contadini ha visto nella scuola l’unica possibilità di riscatto e di miglioramento per i propri figli, e la mia mente è corsa indietro nel tempo, quando anche mio nonno ha fatto questa scelta. Signori questa è la Calabria una regione nella quale i contadini, gli analfabeti hanno capito l’importanza della cultura e dell’istruzione e non parliamo più di ‘ndragheta, per favore.

In conclusione Viva il Premio Caccuri e Caccuri e poi tutta la Calabria, impervia, difficile, ma dannatamente e comunque bella.

Eugenio Marino ha detto...

Leggendo gli articolati interventi degli ospiti di questo blog, mi vien da dire che non solo il senso di quanto scrivevo sia stato colto fino in fondo, ma che tutti i commentatori hanno apprezzato il mio intento non meno di quanto non abbiano apprezzato il Premio Caccuri e lo sforzo di una popolazione intera che intorno al premio si è stretta.

E per questo vi è anche, tra i miei autorevoli ospiti, chi ha dato la disponibilità a contribuire a questo progetto.
Mi sfugge, invece, la "difesa" d'ufficio che la mia amica Marianna fa, in qualità di sindaco del paese e giustamente orgogliosa della sua comunità, a un attacco che in realtà non c'è stato né da parte mia né di altri.
Tutti, infatti, abbiamo provato a ragionare in modo costruttivo, riconoscendo le luci, ma non negando le ombre. Ho parlato dell’assenza, a Caccuri, di una "comunità di spirito tra popolazione, autori e opere" che è in sostanza quella simbiosi di coscienza di cui si legge negli scritti di Ernesto De Martino e di Gianni Bosio.

Bosio parla del popolo e della cultura popolare, spiega in che modo il primo possa prendere coscienza della seconda. In quest’ottica il ‘prodotto culturale’ va presentato in modo da essere riconosciuto e da generare riconoscimento, in un circolo virtuoso grazie al quale una comunità acquisisce consapevolezza e, dunque, forza per agire e incidere nella realtà che la circonda.
Ora, il Premio, pur con indubbi e grandi meriti sul piano dell’innovazione, non ha (per ora) raccolto questa sfida. Per ora, ripeto, è una bella manifestazione e di ottimo livello, che porta per qualche giorno la grande cultura in un piccolo paesino che apre le sue ospitali braccia per accoglierla e che, passata la festa, è di nuovo preda dei lunghi mesi invernali (in senso stagionale e, di nuovo, culturale).

Ho scritto anche che a Caccuri (e in Italia) si legge pochissimo, anche tra i laureati. Non è un’idea che mi son fatto intervistando gente a caso su letture e autori preferiti. C’è ormai, a disposizione di tutti, una vastissima letteratura che avvalora (con rigorosi studi scientifici) ciò che sostengo. Chi queste cose le studia, sa che sono stati individuati (dall’ISTAT, non so se mi spiego) alcuni "tipi" di lettore. Secondo questa griglia il "non lettore" è colui che non legge nemmeno un libro all'anno (per chiarezza: qui si escludono i testi scolastici o le letture fatte per lavoro); il "lettore morbido" è chi consulta qualche manuale, guida di viaggio o legge letteratura ‘rosa’; il "lettore occasionale" è chi legge non più di tre libri l'anno; "lettore debole" (e sottolineo debole), è chi legge fino a 11 libri l'anno; "lettore forte" chi legge più di 12 libri l'anno.

Sulla base di questi dati, ora, vogliamo riflettere davvero su quanto si legga a Caccuri e in Italia? Su quanto (molto, molto di più) si legga in altri paesi europei come la Francia? C’è ancora qualcuno che vuole provare a dire, come scrive Adolfo facendo riferimento al fatto che lo stand dei libri finalisti del Premio sia stato ‘saccheggiato’, che a Caccuri si legge? Diciamolo pure, producendo però dati congrui con queste affermazioni. Sarei io il primo a compiacermene se venisse fuori che Caccuri è un’isola felice con intorno un mare di gente che non legge. In ogni caso, io stavo sforzandomi di parlare anche d’altro. E cioè dell’ambizione di cambiare questo stato di cose, certo non in un colpo solo, ma riconoscere un problema è il primo passo per affrontarlo e risolverlo. Vedi, cara Marianna, non basta dire che i libri si ‘vivono’ o ‘ri-vivono’ (grandi capolavori, ma sempre gli stessi, quelli conosciuti a scuola, prevalentemente dell’Ottocento – che si sa, non c’era mai verso d’arrivare in fondo ai programmi – ed esclusivamente italiani) per essere definiti lettori, anche perché io non parlavo di singoli, ma di una comunità, nella quale magari ci sono anche lettori forti.

(continua sotto)

Eugenio Marino ha detto...

Ma, chiusa la parentesi Premio, purtroppo c’è ancora qualcosa di molto grave che devo dire. Sorvolerò per brevità sui dati relativi ad analfabetismo totale e funzionale, alla dispersione scolastica, alla disoccupazione giovanile e femminile e all’emigrazione (ripresa alla grande, come si può leggere nel bel libro di Giuseppe Provenzano e Luca Bianchi, Ma il cielo è sempre più su?) che dipingono un quadro un po’ diverso da quello segnato dal riscatto che altri tratteggiano.
Ma la cosa più grave su cui non intendo sorvolare riguarda il tema criminalità. Io ricordo troppo bene Totò Cuffaro che in televisione si indignava perché la sua amata Sicilia continuava ad essere accostata alla mafia per poter tacere di fronte alle affermazioni di una giovane sindaco che ha ricoperto ruoli importanti nel mio partito (il PD). “Per favore non parliamo più di ‘ndrangheta” scrivi nel tuo commento…

Benissimo, smettiamo di parlarne, consoliamoci dicendoci a vicenda che conta “sempre meno”, e raccontiamo la Calabria come una novella Arcadia dove il bene, alla fine, trionfa sul male. Però ricordati di avvisare Don Ciotti, Caselli, tutti i ragazzi, meravigliosi e puliti del movimento “Adesso ammazzateci tutti”, i parenti delle vittime, chi combatte in prima linea come Caselli e Saviano, chi scrive, come Francesco Forgione (che sia troppo ‘lontano’ anche lui per capire?) e chi, come la mia amica Laura Garavini, sta in Commissione antimafia e la ‘ndrangheta l’ha vista arrivare in Germania.

Perché, ed ecco che i libri tornano di nuovo protagonisti, ad aver letto qualcosina in più sulla nostra tormentata terra, si sarebbe capito che le mafie si combattono prima di tutto parlandone, facendole conoscere, facendo crescere consapevolezza e mai, MAI minimizzandone il potere o abbassando la guardia. Non a caso Laura Garavini ha ottenuto numerosi riconoscimenti sui più autorevoli media europei proprio per quell’impegno contro la ‘ndrangheta e le mafie in genere che parte dal parlarne, in ogni ambiente, fin dalla scuola, cosciente del fatto che la ‘ndrangheta non solo non è in arretramento, ma è diventata, come spiega Nicola Gratteri ne La malapianta, una holding del crimine, perfettamente inserita nella globalizzazione. È la mafia il cancro del Sud e di questo Paese, non solo perché stronca migliaia di vite umane, ma perché soffoca l’economia e la società sana di questo Paese. Chi pensa sia meglio non parlarne si rende, suo malgrado, complice. Chi non ricorda la geniale scena dell’avvocato di Jonny Stecchino che, elencava i tre grandi mali della Sicilia: l’Etna, la siccità e il traffico... Per rispetto al fiume di sangue sparso da tutti coloro che sono caduti e che ancora cadranno (mentre noi raccontiamo di un’altra Calabria che ci rassicura e ci lusinga di più) bisognerebbe che Marianna chiarisse ciò che intendeva dire, esattamente.

L’ho fatta davvero troppo lunga, ma il commento della mia amica Marianna dimostra che la cultura c’entra sempre, anche quando si parla di mafia. E, purtroppo, dimostra anche che non mi ero sbagliato riguardo al Premio Caccuri, che, o saprà essere la leva di un riscatto civico e morale, prima ancora che culturale, oppure tanto vale candidare Caccuri per la prossima serie de L’isola dei famosi. Sulla Serra grande, tanti vip, niente cultura e niente ‘ndrangheta.

(Continua sotto)

Eugenio Marino ha detto...

Invece credo – ed è perché ci credo che mi sono deciso a scrivere – che il Premio possa essere davvero la chiave di volta di una consapevolezza nuova, collettiva, di una comunità che si risveglia matura dopo decenni di letargo e, guardando in faccia gli enormi problemi che ha di fronte (guardandoli in faccia, non negandoli) fa leva sulle sue grandi potenzialità, le eccellenze, le storie importanti e quelle comuni, per darsi lo slancio e, finalmente, aprire una stagione nuova. Se continuiamo a nascondere la realtà e raccontiamo Caccuri e la Calabria come “gemme tra le più alte vette dell’ingegno umano e le più belle pennellate della mano divina” forse strapperemo qualche applauso in più, ma non faremo compiere al paese un solo passo avanti.

Una volta si diceva che il medico pietoso fa la piaga purulenta. Io amo il mio paese e la Calabria, e ne vado fiero in ogni angolo del mondo. Se scrivo o penso ciò che ho scritto, è perché chi ama ha il dovere di dire la verità, anche quando è scomoda. Non vorrei vedere, di anno in anno, gli amici di sempre invecchiare nell’attesa di una rinascita che non arriva. Vorrei, invece, che il (tanto) buono che pure c’è, riuscisse un giorno ad avere la meglio perché la gente di Caccuri, checché se ne pensi, è la mia gente. Perché al mio paese ho sempre dato quello che potevo (poco o tanto che sia), senza mai chiedere nulla in cambio.

Salvatore Secreto (Rino Girimonte) ha detto...

Ho vissuto con trepidazione, come un passeggero clandestino, questo magnifico viaggio su una nave che, tre capitani coraggiosi, sono riusciti a far giungere a terra, schivando scogli e auto compiacenze, canti di sirene e tempeste di sconforto, come Colombo che, cercando un altro Egitto o un’altra via di fuga, proprio per questo, forse, arrivó in America.

Il Premio Letterario Caccuri é un pó anche questo: la scommessa folle alimentata dall’amore per il proprio paese, un elogio alla follia di alcuni amici che sono stati in grado di piantare un grido di speranza nella carne viva della disperazione e della sconfitta, di aprire un varco alla cultura, di fare un dribbling all’analfabetismo dei sentimenti, al vittimismo di chi ha imparato soltanto ad arrendersi.

Certo, “depende, todo depende.....”Si tratta di calibrare le nostre aspettative, si tratta di capire cosa cerchiamo negli atti che compiamo, che effetti ci auguriamo, che prospettive pronostichiamo, che significato hanno per noi le cose che facciamo, che sapore ha per me il succo di quell’arancia, con quale sguardo osserviamo il rosso di quel tramonto, quali emozioni ci danno le lacrime di un bimbo appena nato. Ecco, dipende dal prisma attraverso cui ognuno di noi partecipa a questa stupenda avventura che é la vita.

Ci vuole una esistenza intera prima di sentirsi giovani, ci vuole un attimo per invecchiare.
I risultati, poi, si possono usare come un grimaldello pensando di poter aprire tutte le porte del paradiso, come antitodo alle nostre debolezze e frustrazioni, come sonnifero che acquieta la nostra coscienza. Si puó scoprire che il Sud ancora esiste e si manifesta come un pugnale lacerante o una chitarra melodiosa, si puó intuire che al nord si va in cerca del pane e da noi si torna perché vogliamo veder compiersi un destino.

Ció che si fa con passione, per il bene comune, in questo frangente della storia italiana in cui i beni comuni vengono assaltati da banditi e disonesti, come fossero diligenze in un sentiero polveroso, beh, lasciatemelo dire, non ha prezzo. E non ha prezzo l’abnegazione con cui é stato portato avanti da Adolfo, Olimpio, Roberto e da tutti gli altri cittadini e cittadine di Caccuri.

Credo che residenti e “forestieri” abbiamo vissuto, quest’estate, una piccola fiaba, si cara Marianna, niente di piú e niente di meno, un piccolo miracolo che ha spiazzato il mio ateismo congenito.
La necessitá di continuare questo viaggio con nuove edizioni, perfezionando tutto ció che é umanamente perfezionabile, collaborando ciascuno secondo le proprie possibilitá alla riuscita del progetto, é il mio auspicio ed il mio impegno a “con giurare” affinché la creatura possa diventare adulta.

Dalla prima cittadina al piú remoto emigrante dobbiamo sentirci orgogliosi di questo sogno di mezz’estate che nessuno poteva minimamente sospettare potesse realizzarsi a Caccuri. Sí, proprio a Caccuri con il peso delle sue disgrazie, con le scarpe piene di fango, con un passato che chiude le porte e non lascia intravedere nessuna luce. Se questo non é un incantesimo, ditemi voi cos’é!!!!!!!

(continua sotto)

Salvatore Secreto (Rino Girimonte) ha detto...

Adoro questi tre folletti ed ammiro tutti quelli che si sono prodigati, un anno intero, per confezionare questo regalo, sgomitando nella nebbia dell’imprevisto, senza nessuna sicurezza di raggiungere il mattino, dopo aver attraversato la spessura di tanta notte.
Ogni giorno c’é chi lotta per la dignitá di tutti noi e molti hanno dato la vita per difendere la legalitá e la libertá di questo martoriato paese, ed anche queste pagine vanno raccontate. Certo sarebbe auspicabile che tutti partecipassimo, che fosse piú alto l’impegno civile, che tutti leggessimo un pó di piú. Sarebbe bello se in questo Paese l’onestá e la veritá non fossero qualcosa di esotico, specie in via d’estinzione.

E sono convinto che Eugenio, un uomo che stimo ed apprezzo, che in piú ha “l’aggravante” di essere figlio di un padre e una madre per i quali ho un grandissimo affetto, in giro per il mondo, porta sempre dentro di se questo fazzoletto di terra che é la nostra piccola patria comune. Sono convinto che Marianna non volesse sottovalutare la presenza della ‘ndrangheta nel Sud e nel resto del paese. Il suo forse era solo uno sfogo ed un auto impulso ad andare avanti comunque, nonostante tutto, a spingere, a fare leva sulle cose buone per erodere il terreno a tutte le forze che impediscono il progresso della nostra gente.
Non so perché mi sono assunto quest’onere di voler mediare tra voi due, come fossi il garante delle prossime primarie. Ma forse é solo la voglia di tenere insieme tutti, in un progetto che dovrebbe essere comune, con la libertá di esprimere le nostre idee, per canalizzare le energie che servono al nostro Caccuri.

Ad un Premio letterario non mi sento di chiedere di piú, caro Eugenio. Tutto fa brodo ma, francamente, per un topolino risulta impossibile mettere in cinta una elefantessa. L’apatia ed il distacco, l’assenza di protagonismo dei cittadini é una costante dei nostri tempi e riguarda tutta l’Italia in lungo ed in largo. E forse il mondo della politica, i partiti, sono i principali responsabili di questa non partecipazione, di questa rassegnazione e anche di questa rabbia che molti chiamano anti-politica quando é soltanto rifiuto della cattiva politica.

La cultura é il chiodo con il quale attacchiamo il dipinto alle pareti della nostra convivenza, é l’humus che ci aiuta ad essere cittadini del mondo, a non essere stupidi clienti di un supermercato globale che, prima ancora delle merci, consuma e mette in vendita noi stessi. Spesso questa politica é nemica di qualsiasi forma ed espressione culturale.

Adoro questi tre fanciulli che, spinti dall’amore per il propio paese e.......da qualche forza occulta, confessatelo, dalla passione per l’azzardo, dalla luciditá delle competenze, dal virus del sorriso, sono riusciti a costruire questo assalto a un cielo pieno di nuvole, con una scala bucata. Senza scalini.

Roberto De Candia ha detto...

Amici miei (tutti quanti),
stamattina devo scrivere: mi scappa.
Devo farlo per togliermi il cappello davanti alla lettera di Salvatore, davanti a lui. Ciò che ho appena letto mi ha emozionato ("...ci vuole una vita intera per sentirsi giovani...") e mi ha fatto gioire. Non già perchè ha elogiato il Premio Caccuri (sarei in aperto conflitto d'interessi...) ma perchè ha strappato i veli da una verità che si stava vestendo di orpelli estranei alla genuinità di episodi della nostra vita in comune, come quel bel sogno di una notte di mezz'estate che abbiamo vissuto.

Ora non che voglia asserire che tutta la vita del paese debba fermarsi a chiedersi come è cambiato il destino di tutti noi dopo quella manifestazione, ma semplicemente considerare che è nato qualcosa, magari perfettibile, magari da mettere a punto e aiutarlo, tutti insieme, ad uscire dal bozzolo, a farlo diventare una splendida farfalla di cui andare tuttii orgogliosi.

A me non piace citare i dotti o i classici, piace invece ricordare i miei amici di sempre quando dicono qualcosa che mi emoziona o mi diverte, e ricordo con un sorriso la lettera di Roberto Talarico, quando chiudeva la sua bellissima immaginando una scenetta tra qualche anno: chiedersi "San Giovanni in Fiore? Dovrebbe essere vicino Caccuri...", io come indole penso in grande, quindi la scenetta in me si trasforma in "Scusi mi indica la strada per Cosenza?

Si, se non ricordo male dovrebbe essere il centro più grande vicino Caccuri......"
Oppure il sorriso splendido di Olimpio quando, in piazza, gli comunicai che avevo chiuso l'accordo con Al Bano, lui disse "Caccuri se lo merita tutto questo" e Caccuri si stramerita un figlio come Olimpio.

Per non parlarvi poi della forza d'animo dettata dall'amore totale che Adolfo ha per Caccuri e quanto ha lottato senza mai fermarsi per ottenere quel che avete visto. Quell'amore per Caccuri solo lui (ed Olimpio) me lo hanno trasmesso, a me che di Caccuri sono un figlio adottivo, quasi illeggittimo, eppure loro mi hanno passato questo virus totalizzante e mentre prima mi chiedevano gli Ospiti con cui ero in contatto: "Ma lei è di Caccuri?" ed io rispondevo che no, che lo ero solo per i natali di mia madre, oggi alla stessa domanda rispondo senza esitazioni "Sì, sono di Caccuri", questa è la vittoria, tra le altre, di questo gruppetto di visionari.

(Continua sotto)

Roberto De Candia ha detto...

Ora, al di là delle battute, fa molto bene il carissimo Baloo a tenere tutti uniti: lo spirito del Premio è solo quello: crescere e far crescere Caccuri stando tutti uniti. A noi tre non interessa la luce dei riflettori (quelle due serate abbiamo parlato davvero il minimo indispensabile), interessa invece che tutti in paese trovino uno spunto, la volontà di cooperare con un sorriso, senza invidie, senza sentirsi in secondo piano al successo di qualcosa che può divenire, statene certi, se non cominciamo a gracchiare scioccamente tra di noi, uno degli eventi più importanti del Mezzogiorno.

Di energia noi tre ne abbiamo a sufficienza per spaccare una montagna in due, ma con tutto il paese unito avremo un affresco indimenticabile e a fare un servizio televisivo per invitare a fare una vacanza a Caccuri non sarà più tra un paio d'anni un'emittente locale (meno male che ci siano anche quelle!) ma Rai, Sky, Mediaset! Capite cosa abbiamo tra le mani amici miei? Abbiamo tutto quello che potevamo solo sognare un tempo e che oggi un abbraccio comune può trasformare in una sorridente, costante realtà.

Quindi gli adorabili Eugenio e Marianna si diano un abbraccio e, tenendosi per mano, ci aiutino a traguardare con passione questo progetto (in verità Marianna si è moltiplicata in cinque per aiutarci già nella prima edizione; Eugenio, se solo ne avesse voglia e tempo, può salire a bordo quando vuole e sarebbe il benvenuto...).
Il corto circuito che desideravo sta mostrando i primi picchi di potenza (grazie anche a quel geniaccio simpatico di Salvatore), ma altri ne genereremo.

Mi ricordo una frase del 2005 che Steve Jobs pronunciò ai laureandi di Stanford (una delle migliori Università del pianeta) invitandoli a mantenere un profilo mentale per sempre, anche quando si fossero trovati al ponte di comando del mondo: "Stay hungry, stay foolish!" (rimanete affamati, rimanete folli!). Io aggiungerei "and be smiling!" (siate sorridenti!).

Massimiliano Panarari ha detto...

Mi permetto di intervenire nel dibattito avviato dall'amico Eugenio. Credo che la funzione dei testimonial di rilievo (anche se, a mio modesto avviso, sarebbe opportuno fare scelte meno "ecumeniche") sia necessaria per attirare l'attenzione su una dimensione culturale oggetto, purtroppo, da tempo di non particolare popolarità. Quindi, le scelte dell'Amministrazione sono state coraggiose e un modo per appassionare la popolazione a tematiche culturali. Insieme all'evento, perché non resti solo effimero, la parte più complessa e difficile è quella della semina, e del cercare di costruire un humus presso la cittadinanza. Per questa, che è una missione autentica, è il coinvolgimento di ciascuna realtà associativa e di ogni momento di aggregazione che va perseguito. Le due cose, intellettuali celebri e società civile locale, devono stare insieme, nella misura del possibile. E le scuole rappresentano uno dei punti di incontro possibile.
Massimiliano Panarari

Francesco Siciliano ha detto...

Caro Eugenio
come sai benissimo, la cultura, la sua promozione e la sua diffusione sono davvero la trincea che ci divide dal resto del mondo; forse molto più di qualsiasi spread finanziario. Su questo fronte difficilissimo la politica ha fatto poco, perché non ha mai capito che questa infrastruttura immateriale, di questo stiamo parlando, non può dare vantaggi immediati né ritorni elettorali; spesso l'ha sbeffeggiata come superflua o elitaria, sempre ne ha mortificato le finanze e le risorse.

Inventarsi e difendere un premio letterario è una trincea tutta rivolta verso lo sviluppo e la crescita, se poi il luogo in cui si svolge è un territorio difficile questa difesa si rende ancora più necessaria.

Conosco la Calabrie sia per ragioni professionali sia per ragioni famigliari, ed il mio legame è antico e profondo; proprio per questo so quanta difficoltà ci può essere in una fase iniziale di un progetto come quello di un premio letterario.

Alcuni ani fa fra Rende e Bisignano, in provincia di Cosenza, è stato intitolato a mio padre, Enzo Siciliano, il più grande plesso scolastico presente sul territorio regionale calabro. Ho seguito fin da subito il lavoro di insegnanti illuminati che mi hanno reso partecipe del loro lavoro e che hanno portato lo scorso anno il liceo "Siciliano" a vincere il primo premio istituito dal Senato per il 150 cinquantenario dell'unità d'Italia.

Il lavoro dei ragazzi fu proprio incentrato nel cercare di costruire modelli di proposte culturali. Ecco, se posso permettermi di dare un consiglio, credo che se un premio letterario o qualsiasi altra iniziativa creativa parta o si accresca con il contributo della scuola troverà nel suo germogliare proprio quella necessità che oggi rappresenta la vera possibilità di ridurre lo spread che ci divide dal resto d'Europa.

Francesco Siciliano

Anonimo ha detto...

Men, up coming time you buy the capsule, ask your partners
whenever they have to have one. This should double up the sale of your anti-impotence medication Cialis.
A recent finding implies which the erectile dysfunction pill that has pepped up the sexual daily life
of gentlemen is proving to get effective in case of girls
suffering from a sexual disinterest. The study underlines
which the drugs functions for females around it does in the event of men if not a lot more.



Here is my page :: Erection Treatment Pills Summer 2013 - www.erectionpillssummer.com