lunedì 8 settembre 2008

Dalla Festa di Firenze alla tragedia di Roma...

Ieri ero alla giornata conclusiva della Festa Democratica (devo pensarci un po' prima di dirlo o scriverlo, la mente va ancora a "Festa de l'Unità") dove si è tenuto il tradizionale dibattito sulle politiche che riguardano gli italiani nel mondo, insieme a Maurizio Chiocchetti, Franco Danieli, Gino Bucchino, Laura Garavini, Elio Carozza e Fabio Porta.
Quest'anno sono arrivati a Firenze nostri connazionali dal Lussemburgo, dal Belgio, dalla Francia, dagli USA e dalla Svizzera, dove in contemporanea si teneva la commemorazione delle vittime della tragedia del Lotschberg, del 1908.
Abbiamo dunque ricordato quelle vittime del lavoro italiano all'estero, insieme a quelle di Mattmark - il cui anniversario ricorreva il 30 agosto - di Marcinelle e di Monongah osservando, in contemporanea con la cerimonia in Svizzera, un minuto di silenzio per tutti i morti sul lavoro.

Da parte mia, ho sottolineato come il tema della sicurezza sul lavoro debba essere uno di quelli che determina l'identità del Partito Democratico. Proprio su questo il PD dovrebbe insistere quotidianamente (così come quasi quotidianamente abbiamo un morto sul lavoro) e costruire l'iniziativa politica (o le iniziative) anche sul territorio. Gli altri partiti, infatti, anche se non dovrebbero, possono permettersi di rimuovere questo tema dalla propria agenda politica, ma il PD no. Non può permettersi di sottovalutarlo o di non considerarlo tra le priorità del Paese, pena un altro colpo al deficit di identità e alla battaglia per i diritti della Persona. Insomma: un'altra tragedia politica, come quelle di Marcinelle, Mattmark e Monongah e del Lotschberg.
A proposito di tragedie, all'estero come in Italia, vogliamo parlare di quelle romane di La Russa e Alemanno?
Il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervenuto alla cerimonia di commemorazione del 65° anniversario della Difesa di Roma e dell'Armistizio, ci ha ricordato che tra combattenti di Salò e partigiani e angloamericani non vi è differenza.
"Farei un torto alla mia coscienza - ha detto La Russa - se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia".

Una sola domanda:
1) se nel 1945, invece dei partigiani e degli anglo-americani, avessero vinto i repubblichini di Salò e i nazisti, cosa sarebbe successo, tanto per dire, in Italia?
Penso che non avremmo avuto un'Assemblea costituente né una Costituzione repubblicana, così come non avremmo avuto un Parlamento democraticamente eletto e cinquant'anni di pace.
Ma non avremmo avuto nemmeno libertà di stampa né avremmo più visto circoloare alcun avversario politico.
Avremmo, invece, continuato a veder partire treni piombati e carichi di oppositori politici ed ebrei verso i campi di concentramento, dato che il Fascismo aveva introdotto da tempo anche le leggi razziali.
Sarà anche per questo che quel comunista di Gianfranco Fini aveva definto il Fascismo come "il male assoluto". Naturalmente prima che il mio sindaco, Gianni Alemanno, rettificasse la cosa, spiegandogli e spiegandoci che il Fascismo "non fu il male assoluto e non mi sento di condannarlo".

Già, perché condannarlo? A pensarci bene nel Ventennio "si poteva lasciare la chiave di casa attaccata alla porta" e "i treni arrivavano in orario", soprattutto quelli per Auschwitz...
Penso che il vizio di fondo della Destra italiana, di non voler mai condannare davvero il Fascismo, non sia affatto sparito, così come penso che le dichiarazioni di La Russa e Alemanno siano il frutto di una visione condivisa e di uno stesso progetto: la revisione storica e la riabilitazione del Fascismo a discapito della Resistenza.
Bene farà Veltroni se, in rottura con le affermazioni dell'attuale sindaco, si dimetterà dal dal Comitato per il museo della Shoah, di cui era stato promotore.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Sì, infatti ho proposto la riabilitazione di Attila sul presupposto che gli Unni, in buona sostanza, non erano che patrioti Unni, e Attila soggettivamente convinto di essere dalla parte della ragione. Ci ho scritto due righe veloci sul blog.
Ciao Eugè. Mi pare che siamo sempre più soli...o no...? :-(
Mi sto un pò deprimendo.

Anonimo ha detto...

Sono...sgomento!
Già avevamo grossi problemi a spiegare ai compagni ed amici in Europa, e non solo, come faceva Roma ad essere governata da un "post-fascista". Ora che il "post" lo abbiamo lasciato cadere le difficoltà aumentano.
Non posso che associarmi a voci ben più autorevoli della mia, che ricordano che chi l'otto settembre fece una scelta si assunse le responsabilità di tale scelta...
Chi "soggettivamente" dal suo punto di vista, combatté "credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani" puo' meritare il rispetto che si deve alle idee altrui, ma non puo' certo essere accumunato a chi rischio' o perse la vita assumendosi la responsabilità di combattere per la Libertà. Se queste sono le premesse della nuova mministrazione capitolina e di "autorevoli" ministri della Repubblica vedo un futuro che si tinge di nero...

con affetto

Eugenio Marino ha detto...

@filippo: bella questa, "un futuro che si tinge di nero". Grande Filippo!

Anonimo ha detto...

Caro Eugenio, premesso che condivido ogni cosa di ciò che hai scritto, non posso non ricordare a me stessa e a tutti che il primo politico che legittimò il revisionismo e i repubblichini di Salò fu proprio il nostro "compagno" Violante... che Dio lo protegga, ma lontano da noi.
E poi ti dico che questo non condannare mai davvero quel fenomeno e quelle azioni, ma cercare sempre cavilli e artifici retorici per bassi interessi elettorali, mi fa davvero tristezza. Se poi la condanna non è sentita davvero e veramente questi pensano ciò che dicono, allora significa che siamo messi molto, ma molto male. Un caro saluto. Alide

Anonimo ha detto...

Alide, hai ragione. Violante, senza voler fare l'avvocato di nessuno, nell'articolo su La Stampa del 10 settembre dello scorso anno, scrisse pero': "Quei morti vanno egualmente rispettati per un elementare principio di civiltà. Ma la storia di quei morti, i motivi per i quali sono caduti, i valori che li animarono restano profondamente diversi. Non è la stessa cosa morire dalla parte della libertà e morire dalla parte dei vagoni piombati. (...) Il problema non riguarda i morti di ieri, ma l'uso che di loro si vuol fare oggi, che puo' indurre un inaccettabile 'erano tutti uguali'."
Io credo questo sia il punto focale.
In un momento "d'incertezza" come quello che stiamo vivendo, mi chiedo se una sana presa di posizione, chiara, netta, "senza se e senza ma" non potrebbe fornirci il catalizzatore di cui sembriamo aver bisogno come Democratici.
Non si tratta di una posizione "elettoralistica", ma di un ritorno a quelle basi che ci accomunano, ai quei valori antifascisti che sono fondanti non solo per la Repubblica, ma anche per gli "antenati politici" del Partito Democratico.
Antonio Gramsci scriveva "odio gli indifferenti, credo che vivere vuol dire essere partigiani". Forse è arrivato il momento di essere Partigiani, di smettere di essere indifferenti...

Anonimo ha detto...

Caro Filippo, quando parlo di uso elettoralistico di certi argomenti mi riferisco a La Russa e Alemanno, non a Violante. Violante però ha sbagliato a fare tra il '96 e 2001 quel famoso riconoscimento ai morti di salò, nonostante penso lo facesse in buona fede e per arrivare proprio alla piena unità nazionale e al comune sentimento nazionale. Ma fu un atto di ingenuità da immolare sull'altare delle riforme costituzionali mai fatte davvero. Per il resto, capisco il tuo discorso.